La Casa d’Italia di Zurigo è stata per anni il campanile patrio in una città straniera. Tornerà in mani pubbliche e sarà ristrutturata: ottima notizia con un piccolo ma
Martedì 23 maggio, il presidente del Comites di Zurigo Luciano Alban ha organizzato una serata informativa sul futuro della Casa d’Italia di Zurigo. All’evento avrebbe dovuto partecipare anche l’ambasciatore Del Panta, che all’ultimo istante ha disatteso l’impegno preso. La sala Pirandello era gremita, in molti accorsi per capire ed ascoltare dalla viva voce dell’ambasciatore cosa ne sarà del luogo simbolo dell’emigrazione italiana a Zurigo: la Casa d’Italia, una sorta di campanile patrio in una città straniera. Il posto rimasto vuoto dell’ambasciatore Del Panta è stato preso dal Console Alaimo. Ha informato che il 7 luglio la Casa d’Italia chiuderà i battenti, è già stato affidato a uno studio di architettura il compito di fare le dovute perizie tecniche per una ristrutturazione.
In futuro, quando riaprirà le porte, la Casa d’Italia ospiterà il consolato, le scuole elementari e le medie. Il liceo (privato), come già accadeva anni fa, troverà altra sede, e pare l’abbia già trovata. Fin qua tutto chiaro. Ciò che il console Alaimo non è riuscito a spiegare in modo cristallino e inequivocabile, è il futuro delle associazioni e l’uso che verrà fatto degli spazi.
Intendiamoci, che la Casa d’Italia torni in pianta stabile, pienamente, nelle mani dello Stato Italiano, è notizia che rallegra e rassicura tutti; che venga ristrutturata e accolga gli alunni di elementari e medie, che tornino in mano pubblica scuole e servizi, che nessuno possa su di essi speculare, è notizia ottima. Va dato merito al Ministero.
A fare acqua sono le spiegazioni, eleganti, certamente cortesi, ma un po’ fumose che il console dà in merito alla presenza delle associazioni e dei cittadini italiani, che par di capire non vivranno più la Casa d’Italia come l’hanno vissuta fino ad oggi. La sala Pirandello, che trasuda storia dell’emigrazione italiana, come sarà gestita dall’Istituto di Cultura? Le altre sale, che le associazioni, e non solo, hanno utilizzato finora, saranno ancora a disposizione di tutti? Come conviveranno il consolato e le due scuole? Ci saranno solo aperitivi elitari o i pensionati avranno accesso per scambiare quattro chiacchiere? Si riuscirà a farla rimanere un luogo d’incontro, aggregativo, o sarà la rivincita della Sala della Pallacorda?
Non va dimenticato che oltre al campanile, alla comunità si sta togliendo anche “la piazza e il bar del paese”. Per il momento, almeno un dubbio è stato fugato da una certezza: il punto di ristoro è saltato. Tutti siamo felici che la Casa d’Italia torni allo Stato, ma lo saremmo molto più se fra le nebbie che il buon console ci getta a piene mani, si intravedesse una Casa d’Italia che ospita il consolato, non una Casa del Consolato d’Italia che apre i cancelli per un timbro sul passaporto e li chiude all’uscita dell’ultimo impiegato.
Antonio Ravi Monica
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