Anche in Svizzera si parla di abusi sessuale ad opera di preti della chiesa cattolica
Da qualche tempo, ormai, la Chiesa cattolica è al centro di uno scandalo che di certo non le fa onore. Si tratta degli abusi, a sfondo sessuale, di cui molti preti si sono vergognosamente resi protagonisti. Una delle ultime vicende a destare scalpore, anche se non l’unica, riguarda il fratello dell’attuale Papa Benedetto XVI, Georg Ratzinger, che ha diretto il “Regensburger Domspatzen”, il coro ufficiale della diocesi di Regensburg, dal 1964 al 1994. Molti dei ragazzi appartenenti al coro, durante i viaggi per i concerti, avrebbero parlato con Georg Ratzinger degli abusi subiti ma lui non considerò la cosa allarmante. Anche se, ad oggi, il reverendo 86enne si scusa sia per questi eventi incresciosi da lui sottovalutati poiché, come afferma in un’intervista, “non era consapevole dell’estensione di questi metodi brutali”, sia per aver “schiaffeggiato” alcuni dei ragazzi, i traumi delle vittime sicuramente non si cancellano con le scuse. Sicuramente, a parte il grave danno psichico inflitto, tali atti, così come molti altri che stanno venendo alla luce in questi giorni, vanno sicuramente a scalfire l’onore e intaccano le fondamenta proprie della cristianità.
L’ondata di scandali, che sta facendo un po’ il giro di tutto il mondo, non ha risparmiato la Svizzera dove sono venuti alla luce ben 60 casi. La settimana scorsa, il vicario episcopale Christoph Casetti ha dichiarato che la diocesi di Coira sta esaminando una decina di altri casi di sospetti abusi sessuali da parte di sacerdoti, concentrati nei cantoni di Zurigo, Grigioni e Svitto. Questa azione della diocesi di Coira ha avuto origine in seguito ad alcune denunce da parte di vittime e parenti di vittime ma nessuna di esse sarebbe riconducibile agli abusi sessuali che il prete di Schübelbach (SZ) avrebbe ammesso di aver commesso su alcuni minori. A quanto pare, infatti, uno dei preti incriminati in questi nuovi casi sarebbe già morto. La linea che ha deciso di intraprendere Casetti riguarda principalmente la cura delle vittime di abusi per le quali opera un organo diocesano specializzato, formato da un equipe di psicologi, teologi e giuristi, e nello stesso tempo si cercherà di ottenere il quadro generale della situazione.
Per quanto riguarda il prete di Schübelbach, fino ad oggi si sa che la diocesi di Coira, al momento dell’impiego del prete, non fosse a conoscenza dei suoi precedenti tedeschi e che, anzi, se avessero saputo non lo avrebbero impiegato.
Nel frattempo è stata convocata una conferenza dei vescovi svizzeri in cui l’abate di Einsiedeln Martin Werlen ha intenzione di presentare la proposta di istituire un registro centralizzato a Roma per prevenire il rischio di abusi sessuali nella Chiesa cattolica. Secondo quanto afferma in una intervista rilasciata domenica al SonntagsBlick, «il registro darebbe la possibilità al vescovo di informarsi sui precedenti del prete che intende entrare in servizio nella sua diocesi».
Dal canto suo, il presidente della Conferenza, Norbert Brunner, ritiene che non sia necessario creare una lista dei preti pedofili e nemmeno che la Chiesa denunci il sospetto autore di abusi sessuali alla magistratura. Anche il portavoce della Conferenza, Walter Müller, fa presente che già nel 2002 la Chiesa svizzera ha messo a punto delle specifiche direttive per i casi di abuso sessuale, che sono risultate avvalorate dalle parole del papa Benedetto XVI. Il pontefice, infatti, è intervenuto nella vicenda esprimendo il proprio parere con una lettera pastorale, inviata sabato scorso ai cattolici irlandesi, nella quale, riferendosi alle vicende di pedofilia nel loro Paese, invita gli abusatori a riconoscere le proprie colpe e ad autodenunciarsi, lasciandosi giudicare “davanti a Dio onnipotente e a tribunali debitamente costituiti”.