“L’Italia è stata, è e resterà ancora per parecchio tempo un paese di emigrazione”. In queste parole di Monsignor Guerino Di Tora, Presidente della Migrantes, pronunciate a conclusione della presentazione del quindicesimo Rapporto sugli italiani nel mondo, credo si racchiuda il senso più chiaro e profondo dell’importante documento, che ancora una volta ci consente di avere dati attendibili e importanti spunti di riflessione.
Il numero degli italiani iscritti all’AIRE, infatti, continua ininterrottamente a crescere (dal 2006 a oggi +76%), attestandosi oggi ufficialmente sui 5,5 milioni, ma di più se si considerano anche i non iscritti AIRE. Le donne sono ormai poco meno della metà, il livello medio di età si abbassa sia per l’aumento dei nati all’estero che per l’apporto della nuova emigrazione. In questi quindici anni, inoltre, il livello di scolarità è notevolmente cresciuto, ma ad emigrare sono soprattutto i diplomati, contrastando la narrazione, spesso enfatica e totalizzante, sulla “fuga dei cervelli”.
Si continua ad emigrare (130.000 solo nell’ultimo anno, ma anche in questo caso sottostimati rispetto alla realtà), e a farlo sono soprattutto giovani, più acculturati rispetto al passato, un maggior numero di donne, intere famiglie.
Che si deve dire di più per ribadire il carattere strutturale e continuativo dell’emigrazione degli italiani, che realisticamente tale resterà per una fase non breve se si considerano le conseguenze critiche che la pandemia sta riversando sull’economia e sulla nostra società?
Sono naturalmente apprezzabili le misure di incentivazione dei rientri di coloro che hanno fatto esperienze di ricerca, professionali e imprenditoriali all’estero, sulle quali si è soffermato il Presidente Conte invocando una “circolarità”, per altro ancora da realizzare. Lo sono ancora di più i provvedimenti di potenziamento delle capacita di resistenza e di attrazione delle zone tradizionali di esodo, sulle quali l’analisi del Rapporto si sofferma, che il Ministro per la coesione e il Mezzogiorno Provenzano sta portando avanti.
Tuttavia, non si sfugge ad una necessità primaria, per l’Italia come per l’Europa, quella di non subire i processi migratori, limitandosi a inseguirli e a contrastarli, ma di governarli, almeno nei limiti del possibile.
Allora tra i compiti del Governo, ma direi della classe dirigente del Paese, non può non esserci anche un impegno per riaprire appena possibile in modo fisiologico e garantito la mobilità internazionale, soprattutto dei giovani, in uscita e in entrata, oggi bloccata dalla pandemia. Di garantire questo fondamentale diritto prima di tutto nello spazio europeo, ma anche a livello globale. E di adottare politiche attive non solo per i rientri, per quelli indotti dalla crisi e per quelli qualificati e selezionati, ma anche per una proiezione non subalterna e dettata dalla pura necessità nel mercato del lavoro europeo e internazionale.
Angela Schirò
Deputata PD – Rip. Europa –
Camera dei Deputati