Un soldato inglese rivela di essere venuto a conoscenza di voci secondo cui l’incidente in cui morì la principessa sarebbe stato provocato da agenti dello Special Air Service (Sas)
Fra poco più di un mese uscirà il film sugli ultimi due anni della vita della principessa Diana. Sarà un battage pubblicitario oppure una semplice coincidenza, fatto sta che su tutti i giornali del mondo è rimbalzata la notizia secondo cui Scotland Yard sta verificando “nuove informazioni” sulla morte della tanto amata e sfortunata ex consorte di Carlo d’Inghilterra morta in un incidente stradale il 31 agosto del 1997.
I fatti sono noti. La sera del 31 agosto di 16 anni fa, Diana e Dodi Al-Fayed, dopo aver cenato all’hôtel Ritz di Parigi, uscirono dall’albergo, salirono sulla Mercedes del miliardario egiziano e si diressero verso la casa di Dodi. L’incidente, un urto violentissimo contro il 13.mo pilone avvenne sotto il ponte de l’Alma a Parigi a velocità elevata, motivata dall’esigenza di sfuggire all’inseguimento dei paparazzi. Persero la vita Diana, Dodi e l’autista Henri Paul, risultato brillo. Sopravvisse solo Trevor Rees-Jones, guardia del corpo di Diana, la quale non morì subito, ma due ore dopo in ospedale. Fu perso del tempo prezioso perché dovette essere estratta dalle lamiere della Mercedes.
A pensare ad un omicidio fu il padre di Dodi, Mohammed Al-Fayed, allora proprietario dei magazzini Harrods, il quale aveva in precedenza sentito voci provenienti da ambienti vicini alla famiglia reale secondo cui Diana sarebbe stata incinta. Il ragionamento di Mohammed Al-Fayed era semplice: se era vero che Diana era incinta, significava che l’erede al trono, William, avrebbe avuto un fratellastro, per giunta musulmano, inconcepibile per una regina che in Gran Bretagna è anche capo della Chiesa anglicana. Dunque, argomentò il padre di Dodi, era interesse della famiglia reale sbarazzarsi di Diana, tanto più che la principessa, fallito il matrimonio con Carlo, collezionò nel giro di pochi anni un’avventura sentimentale dopo l’altra. Divenne amante di James Gilbey, 51 anni, capo della scuderia di auto da corsa Lotus; poi del capitano James Hewitt, 48 anni, del maggiore David Waterhouse, del miliardario americano Teddy Forstman, 67. Dopo il primo “ciclo” di amanti, ne iniziò un secondo inaugurato dal mercante d’arte Oliver Hoare, 60 anni, quindi dal cardiologo pachistano Hasnat Khan, 49, cui seguì l’allora attuale compagno Dodi Al-Fayed, con cui trovò la morte.
Ci furono due inchieste che però non sono approdate a null’altro che all’unica verità finora conosciuta, cioè che Diana e gli altri morirono per un incidente, provocato da imprudenza (l’autista che aveva alzato il gomito) e dalla folle velocità. E’ anche probabile che ci sia stato un terzo fattore a causare l’incidente: i fari alti della macchina che proveniva dalla direzione opposta.
E’ proprio questo terzo fattore che costituisce la novità delle nuove rivelazioni fatte da un soldato rimasto anonimo. Il quale ha scritto un memoriale di sette pagine in cui racconta di una voce di cui in passato è venuto a conoscenza, cioè che a provocare l’incidente fu la Sas (special Air Service). In che modo? Chi viaggiava dalla parte opposta a quella della Mercedes di Dodi sarebbe stato informato sull’identità degli occupanti di quella Mercedes, per cui sarebbe stato un gioco da ragazzi accecare con i fari alti l’autista, già brillo, della Mercedes, che perse la visuale della strada. Non sarebbe stato un incidente, ma un omicidio, progettato nel segreto degli ambienti della famiglia reale. Realtà? Fantascienza? Scotland Yard ha affidato ad un gruppo di esperti il compito di verificare la fondatezza delle “voci”, magari inventate sull’onda del ricordo sempre vivo di Diana presso l’opinione pubblica o, magari, che poi è la stessa cosa, in prossimità dell’uscita del film sulla principessa.