Questo l’avvertimento di Angela Merkel e Nicolas Sarkozy. Il primo pacchetto di misure pesanti il 5 dicembre
È vero, come dice Bersani, che sono tre anni che più di uno diceva di “fare in fretta” e nessuno del governo precedente ha ascoltato, ma è vero anche che il Pd, insieme agli alleati occasionali, ha avuto l’abilità di far bocciare tutte le riforme di cui adesso c’è estremo bisogno: dalla riforma (2003 e agosto 2011) dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori (norme che regolano il rapporto di lavoro) alla riforma istituzionale (referendum 2006), dalla privatizzazione della gestione dei servizi (referendum sulla gestione della rete idrica, giugno 2011) alla riforma sulla giustizia, sempre (s)qualificata come legge ad personam. Alla fine di ottobre, in una “lettera al presidente del Consiglio” lo stesso Monti dava in sostanza l’aut-aut all’allora premier: o fai questo o dimettiti. Dunque, l’impressione è che le cose sono più complicate di quanto non si volesse o si voglia far credere. C’è un enorme ritardo della classe politica italiana – lo si vede anche dalle difficoltà e dai ritardi della nomina dei sottosegretari e vice ministri, con le richieste sottobanco per continuare ad apparire ufficialmente disinteressati mentre si partecipa alla lottizzazione delle poltrone – ed esiste una complicatissima situazione che non è affatto “italiana” o solo italiana, ma internazionale e che riguarda l’euro. Poi, evidentemente, c’è una peculiarità italiana in negativo, che è rappresentata dal debito pubblico accumulato dagli anni Settanta in poi e che sostanzialmente è una grossa palla al piede dell’economia nazionale. I governi da quarant’anni a questa parte hanno distribuito pensioni anche ai trentenni dopo una manciata di anni di servizio, hanno assunto nella pubblica amministrazione, negli enti pubblici e nelle società municipalizzate centinaia di migliaia di persone che non lavoravano (e non lavorano) e prendevano (e prendono) fior di stipendi senza che nessuno le potesse licenziare. Dagli anni Novanta hanno tentato di far qualcosa Bassanini prima e Brunetta poi, ma con risultati modestissimi, perché subito caste e sindacati si sono inalberati con minacce di scioperi e danneggiamenti vari. È da allora e dal modo con cui le riforme sono state impedite che sono iniziati i problemi di oggi. L’andamento dei mercati continua ad essere negativo e lo spread continua ad essere elevatissimo, malgrado il cambio di inquilino a Palazzo Chigi. Ci si sarebbe aspettato una serie di misure immediate da parte del governo, ma non è facile, perché il governo tecnico non può prescindere dal consenso parlamentare e perché fare le riforme significa intaccare privilegi e caste: tutte, dai magistrati ai politici, dagli intellettuali agli imprenditori e ai funzionari e via dicendo che in genere difendono i loro privilegi e bacchettano quelli delle altre categorie. Il governo Monti ha “impressionato” Angela Merkel ma forse impressionerà di più tutti gli italiani, perché per il 5 dicembre ha promesso un primo pacchetto di misure che certamente sono necessarie, ma che prenderanno gli italiani alla gola e non è sicuro che sortiscano gli effetti immaginati sul piano della stabilità dei bilanci e della crescita economica. C’è chi, addirittura, è scettico e parla solo di impoverimento degli italiani senza che l’economia possa andare davvero meglio. Vediamo cosa ha annunciato Monti per il 5 dicembre. Stretta sulle pensioni: abbassamento del blocco (due anni) delle perequazioni con l’inflazione fino alla fascia tra una o due volte il minimo (circa 900 euro). Berlusconi aveva fissato il blocco totale a partire da una pensione di 2.304 euro e una rivalutazione parziale al 70% per le pensioni da 1.383 a 2.304). Anticipazione al 2012 (invece del 2013) dell’aumento dell’età pensionabile per le donne del settore privato e della quota 97 per le pensioni di anzianità. Introduzione generalizzata già dal 2012 del metodo contributivo e introduzione della fascia d’età pensionabile flessibile tra 63 e 68-70 anni con disincentivi fino a 65 anni e incentivi da 65 in su fino a 68-70 anni. Nessuna patrimoniale finanziaria per le rendite perché poco importante, ma introduzione dell’Imu (Ici più la spazzatura) più pesante perché di pari passo con l’aumento del valore catastale degli immobili. L’Ici aumenterebbe progressivamente con la superficie e con il numero degli immobili posseduti. Aumento dell’Iva di uno o due punti: riguarda sia l’aliquota del 10% che quella del 21% (Berlusconi l’aveva portata da 20 a 21). Se a queste imposte “pesanti” (tra 400-500 euro, più centinaia o migliaia di euro, a seconda delle case possedute e della loro grandezza) si aggiungono le mancate rivalutazioni delle pensioni medie (quelle tra 1.000 e 1.800 euro), si comprende come il primo pacchetto sia davvero insopportabile per i cittadini, anche perché si sa che a partire dall’inizio dell’anno gli aumenti dei costi dell’acqua, del gas e dell’energia elettrica saranno anch’essi molto pesanti sia in sé che a causa dell’Iva maggiorata. Il rischio è che gli sprechi del pubblico impiego (migliaia e migliaia di stipendi pagati ad assenteisti e personale superfluo), aggiunti all’altro grande problema che l’Italia da sola non può risolvere in quanto riguarda l’euro e le competenze sulla moneta della Banca centrale europea (Bce), si traducano solo in sacrifici senza che vi sia il beneficio di una soluzione della crisi dell’euro. [email protected]