Si può vendere la casa appena ricevuta
Donare ai figli un immobile, che poi subito dopo viene rivenduto, non è ragione sufficiente al fine di fare scattare un accertamento fiscale. Con sentenza n°10561 giugno 2020 è stato accolto il ricorso del contribuente. È stato messo in evidenza dalla Suprema Corte, la mancanza assoluta di elementi in possesso dell’Agenzia delle entrate, atti a provare l’uso strumentale della donazione, per evitare il pagamento dell’imposta sulla plusvalenza maturata dal donante.
Di fatto l’Agenzia delle entrate non ha fornito alcuna prova che la sequenza temporale tra i due atti (donazione-vendita) sia un comportamento elusivo, è stato evidenziato inoltre, che l’Ufficio avrebbe potuto fornire più elementi al giudice di merito, ulteriori elementi quali: il versamento di acconti al donante, la effettiva partecipazione di questi alla vendita, tutti fatti essenziali al fine di dimostrare che non esisteva uno spirito di liberalità, ma bensì una strumentalizzazione per evitare il carico fiscale della plusvalenza. La Suprema Corte, visto, che trattasi di rapporti tra genitori e figli, e pertanto contempla la libertà della pianificazione della successione da parte dei genitori, ha accolto il ricorso del contribuente.
La storia inizia quando una madre dona ai propri figli un terreno che viene venduto lo stesso giorno di fronte lo stesso notaio. Per l’Agenzia delle entrate trattasi di una vera e propria operazione truffaldina studiata a tavolino, per incassare il rilevante risparmio fiscale legato alla plusvalenza. La tesi difensiva poi accettata, puntava sul fatto che sarebbe illogico escludere che la donazione sia stata effettuata per spirito di liberalità tra madre e figli, ed affermare che ci sia sempre fraudulenta intentio per eliminare il carico fiscale applicabile alla plusvalenza.