Apple, Facebook e più in generale il ‘cloud computing’, la nuvola delle tecnologie informatiche disponibili online, non aiuteranno a combattere i cambiamenti climatici. Anzi.
I giganti dell’IT stanno costruendo data center che saranno alimentati principalmente da centrali a carbone.
Ad essere sotto accusa, però, non solo i server dei colossi delle IT , ma anche gli smartphones e i tablets come l’Ipad, rei di generare ancora più traffico e quindi informazioni. I tempi dell’hard disk sono tramontati e ormai tutto è immagazzinato su Internet, dove si possono trovare servizi e applicazioni gratuiti per contenerli. Ma fisicamente tutte queste informazioni sono collocate in giganteschi dispositivi alimentati principalmente a carbone.
È la denuncia del nuovo rapporto dell’organizzazione internazionale Greenpeace, “Make IT Green”. All’attuale tasso di crescita l’organizzazione stima che i data center e le reti di telecomunicazione consumeranno quasi duemila miliardi di kilowatt/ora di elettricità nel 2020. È oltre il triplo del loro consumo attuale e più del consumo elettrico di Francia, Germania, Canada e Brasile messi insieme.
Facebook, il colosso dei social-network, per esempio, ha costruito un gigantesco data center a Prineville, nell’Oregon, optando per l’economico e abbondante, ma altamente inquinante, carbone.
“L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è la costruzione di ulteriori infrastrutture per il cloud computing in luoghi dove farebbero crescere la domanda di energia sporca, a carbone”.
Greenpeace invita quindi le internet company a scegliere più accuratamente i luoghi dove costruire e a fare pressione sui governi per l’adozione di energia pulita. E le azioni partono dallo stesso social network, dove per far crescere la protesta si può aderire al gruppo Facebook “Vogliamo che Facebook utilizzi il 100 per 100 di energia rinnovabile”.
Meglio Yahoo che per il suo nuovo server costruito a Buffalo, nello stato di New York, ha scelto di impiegare anche energia idroelettrica.
Nel frattempo continua anche la campagna di Greenpeace contro il nucleare. Data la posizione assunta dai vari governatori regionali eletti o confermati nelle ultime elezioni amministrative in Italia, gli attivisti dell’organizzazione ambientalista hanno aperto sul palazzo della Regione Puglia, lo striscione ‘Forza Regioni contro il nucleare’.
La Puglia si è dotata di una legge che blocca il nucleare e, invece, secondo i piani del Governo, rischia di ospitare a breve un reattore. Contemporaneamente la nave ammiraglia di Greenpeace, la Rainbow Warrior, ha raggiunto nelle scorse settimane Bari per consegnare simbolicamente alla Puglia l’appello contro il nucleare, firmato in poche settimane da ben 75mila cittadini italiani.
Sono sette i presidenti di Regione che hanno detto di essere contrari ai piani nucleari del governo, gli altri sei hanno dichiarato che comunque la loro regione non avrebbe ospitato una centrale: “le promesse della campagna elettorale non sono parole al vento ma sono impegni”, ha dichiarato il responsabile della campagna nucleare di Greenpeace, Andrea Lepore.
“I cittadini hanno votato nella consapevolezza che il territorio in cui vivono non sarebbe stato umiliato e messo a rischio dalla realizzazione di una centrale nucleare. Ci aspettiamo che i nuovi governatori rispettino i propri elettori mantenendo gli impegni e opponendosi – conclude Lepore – a qualsiasi tentativo del governo di portare il nucleare nelle loro regioni e che si impegnino affinché vengano riconosciute e difese le legittime competenze delle regioni in materia di energia e nucleare”.
1 commento