Nuove disposizioni restrittive su circolazione e detenzione
“Siete sposati al fucile, quel coso fatto di legno e di ferro, e rimarrete fedeli soltanto a lui”. La frase del sergente Hartman in “Full metal jacket” fa sempre la sua figura, peccato che in troppi tra Usa e Europa, e non fra i militari, ma fra aspiranti terroristi o civili con la spiccata passione per il grilletto, riescano nella vita reale a procurarsi strumenti letali con relativa facilità. Negli States (dove ogni anni secondo fonti del governo federale sono 50mila le armi che vengono contrabbandate tra i diversi Stati del Paese che hanno legislazioni più o meno permissive in materia) il presidente Barack Obama è impegnato allo spasimo nella sua crociata per abolire la vendita libera di pistole e mitra, sfidando la potentissima lobby della National rifle association.
In Europa, l’emergenza è meno devastante. Eppure, alla luce dei recenti attacchi terroristici (mentre in Italia periodicamente si riaccende il dibattito sull’allentamento dei limiti della legittima difesa in particolare nei casi di rapine, furti, violazioni di domicilio) anche le istituzioni del Vecchio Continente puntano a disciplinare in modo più stringente il mercato delle armi a uso civile. In questo quadro, la commissione Affari costituzionali del Senato ha da poco dato parere favorevole alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 91/477/CEE del Consiglio, relativa al controllo dell’acquisizione e della detenzione di armi.
Una misura che si inscrive nel quadro delle azioni concrete previste dall’Agenda europea sulla sicurezza, adottata dalla Commissione europea nell’aprile 2015 per definire la strategia dell’Unione rispetto alle minacce alla sicurezza interna nel periodo 2015-2020, con particolare riguardo alla minaccia costituita dalla criminalità organizzata e dal terrorismo.
La normativa parte dalla considerazione che le reti terroristiche e criminali internazionali sono state agevolate dalle norme nazionali diverse tra i vari Paesi dell’Unione europea in materia di detenzione e commercio di armi da fuoco e hanno sfruttato le carenze nello scambio d’informazioni transfrontaliero per il loro approvvigionamento. L’obiettivo, dunque, è di superare tali divergenze normative e costruire un quadro normativo comune che scoraggi i traffici illeciti.
Sono diverse le innovazioni introdotte dalla proposta. Si va dall’estensione del campo di applicazione delle norme sulla detenzione e il commercio di armi ai collezionisti, identificati come potenziale fonte di traffici illegali al divieto di detenzione e di scambio delle armi da fuoco più pericolose, anche se disattivate, con norme più severe per la loro disattivazione. Non solo: c’è l’obbligo di iscrivere le armi da fuoco disattivate in registri nazionali e di identificare il proprietario al fine di evitarne la riattivazione.
Si fissa il bando assoluto delle armi semiautomatiche di categoria B7 (ossia le armi da fuoco per uso civile semiautomatiche somiglianti ad un’arma da fuoco automatica), in quanto facilmente convertibili in armi automatiche. Prevista, inoltre, la restrizione dell’autorizzazione alla vendita di armi e componenti tramite internet, modalità da riservarsi unicamente agli armaioli e agli intermediari per evitare i gravi rischi evidenziati dai recenti attentati terroristici, effettuati con armi da fuoco, assemblate illegalmente con componenti legalmente acquistati su internet.
Vengono introdotti, inoltre, un sistema di marcatura uniforme a livello europeo, un migliore scambio di informazioni tra gli Stati membri sulle autorizzazioni rilasciate per i trasferimenti di armi da fuoco verso un altro Stato membro e l’introduzione del limite di cinque anni per la durata dell’autorizzazione all’acquisto e alla detenzione di armi da fuoco. Siccome la normativa nazionale in materia risulta frammentata, per raggiungere il risultato auspicato dalla direttiva, occorrerà procedere all’adeguamento del diritto interno attraverso un intervento articolato, avendo cura di definire una fase di transizione che tuteli l’utilizzo di alcune categorie di armi (in particolare la B7 semiautomatica per uso civile) in campo venatorio, sportivo e collezionistico.
Nella relazione allegata dal governo alla proposta, si segnala qualche criticità finanziaria e giuridica. Sul piano delle spese, qualche onere potrebbe derivare dall’istituzione di una banca dati per lo scambio delle informazioni relative alle autorizzazioni rilasciate per i trasferimenti di armi da fuoco verso un altro Stato membro, mentre si paventano conseguenze economiche per il patrimonio storico dei musei, tenuti a disattivare le armi da guerra.
Sul versante giuridico, non si esclude il rischio di una class action da parte degli attuali possessori di armi di categoria B7 a causa della perdita del diritto di utilizzo e anche da parte delle imprese interessate alla vendita di tali armi (produttori, venditori e armaioli). E quando si tratta di cause giudiziarie, si sa, si potrebbe persino parafrasare la celeberrima battuta di ‘Per un pugno di dollari’ sull’uomo con la pistola che è un uomo morto di fronte a quello con il fucile: di fronte alla potenza delle carte bollate, chi ha la garanzia di sopravvivere?
Adnkronos