L’Onu approva la road map per mettere fine alla guerra civile in Siria
Svolta per la Siria. Per la prima volta da quando nella nazione mediorientale è esplosa la guerra civile quasi cinque anni fa, il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha dato il suo imprimatur a una soluzione politica su cui Russia e Stati Uniti – nonostante le differenze – hanno trovato un accordo. Venerdì scorso il Consiglio ha approvato all’unanimità una risoluzione per il cessate-il-fuoco e per l’entrata nel vivo di trattative politiche volte a porre fine al conflitto a Damasco e dintorni.
La misura, adottata da tutti i 15 Paesi membri del Consiglio, rappresenta una pietra miliare visto che Mosca e Washington sono sempre stati divisi sul futuro del presidente siriano Bashar al-Assad.
Ora, lungo l’asse Cremlino-Casa Bianca c’è almeno un’intesa su una road map politica volta ad avviare un processo di pace concreto. Proprio per questo da New York Paolo Gentiloni, ministro italiano degli Esteri, ha lodato lo “straordinario sforzo diplomatico da parte di Usa e Russia”. Certo, ha riconosciuto Gentiloni, le differenze restano ma c’è un “certo avvicinamento di posizioni” tra le due nazioni “che certamente è frutto dell’incontro tra (il segretario di Stato americano John) Kerry, (il ministro degli Esteri russo Sergey) Lavrov e (il presidente russo Vladimir) Putin” di martedì scorso a Mosca.
Pur essendo significativa, l’intesa non è priva di ostacoli: resta da determinare quali gruppi di ribelli potranno partecipare ai negoziati previsti all’inizio del prossimo gennaio con il governo siriano e se quei gruppi vorranno sedersi al tavolo delle trattative senza la garanzia che Assad vada a casa.
In sospeso poi c’è la designazione di gruppi terroristici, che in quanto tali non rientrerebbero nell’accordo sul cessate-il-fuoco. Su questo fronte, la risoluzione fa riferimento agli sforzi condotti dalla Giordania per trovare un “accordo comune” proprio su quella designazione. La risoluzione Onu è stata approvata dopo una riunione fiume tra diplomatici andata in scena al Palace Hotel a Manhattan. Là si è svolto il terzo round di incontri del cosiddetto International Syria Support Group (Issg), i cui sforzi vengono di fatto promossi dalle Nazioni Unite. È nei due round precedenti, tenuti a Vienna a ottobre e novembre, che era stata messa a punto una road map diplomatica per la Siria: un cessate-il-fuoco entro gennaio, a seguire trattative (mediate dall’Onu) tra il governo siriano e i gruppi dell’opposizione e le elezioni entro 18 mesi. La risoluzione non fa riferimento al fatto che Assad possa o meno partecipare alla chiamata alle urne. Capitanato da Usa e Russia e composto oltre che dalla Lega Araba e dall’Unione Europea anche da nazioni che hanno interessi diversi nella regione come Arabia Saudita, Turchia e Iran, lo Issg si è riunito all’indomani di un’unità rara dimostrata dalle potenze mondiali sempre in Consiglio di sicurezza con l’adozione di una risoluzione per interrompere le fonti di finanziamento dell’Isis, di al-Qaeda e di altri gruppi terroristici. L’atmosfera che ieri si respirava al Palazzo di vetro era decisamente diversa da quella di soli tre mesi fa, quando il presidente americano Barack Obama aveva incontrato a New York quello russo Vladimir Putin nell’ambito dell’Assemblea generale dell’Onu. Allora i due leader si trovavano su posizioni decisamente diverse su come porre fine al conflitto siriano, con Obama che definì Assad “un tiranno che bombarda persone innocenti” e con Putin che invece lo lodò per la sua “lotta valorosa contro il terrorismo”. Ora che il processo di transazione – almeno sulla carta – è partito, non è affatto detto che alla fine Assad resti al potere. “Se si incamminerà lungo i binari che il gruppo di Vienna ha immaginato”, ha commentato Gentiloni, “sono convinto che il processo di transizione provocherà un cambiamento che inciderà sui poteri attuali di Assad e magari porterà alla sua uscita di scena”.
Dal punto di vista dell’Italia, “se il processo [di pace] parte, le cose cambiano”. Per Gentiloni, “il potere del regime si basa sul fatto che c’è un uomo che comanda. Se questo pilastro si incrina, hanno ragione quelli che prevedono che l’apertura della transazione porti alla fuoriuscita di Assad, che è quello che l’Italia si augura”.
Askanews