Due settimane dopo il delitto di Chiara Poggi un tecnico dell’Asm di Vigevano raccontò ai carabinieri di aver visto una giovane proveniente dalla direzione della villa con in mano “un piedistallo da camino”
La Cassazione un paio di settimane fa ha annullato, come si ricorderà, il processo d’appello al termine del quale per la seconda volta Alberto Stasi fu assolto, ordinando un nuovo processo per approfondire alcuni aspetti dell’indagine. Sono in tanti che malgrado due giudizi a suo favore lo ritengono l’autore dell’uccisione della sua ex fidanzata Chiara Poggi, a partire dai genitori della ragazza i quali anche se non lo dicono espressamente lo pensano, con allusioni non troppo velate.
Ebbene, il processo si rifarà, ma tra i punti da riesaminare ce n’è uno che merita di essere approfondito. Si tratta della testimonianza di Marco D. M. di 35 anni, che il 27 agosto del 2007 rese una testimonianza ai carabinieri, della quale, però, nel corso dei primi due processi non se ne è avuta traccia.
Ecco la testimonianza del tecnico dell’Asm di Vigevano: “Quel lunedì mattina in cui Chiara Poggi è stata uccisa, e proprio nell’ora in cui è morta, cioè intorno alle 9.30, io ero lì, a Garlasco, in una via vicina a quella dove abitano i Poggi. Io ero lì per un controllo di routine alle centrali dell’acqua di Garlasco. I miei colleghi erano in ferie, quindi mi sono occupato di una zona che non conoscevo, e giravo sul mio furgone Scudo con una cartina stradale. Andavo molto piano”. Questo è l’inizio del racconto di Marco D. M. che, in una telefonata del 28 agosto intercettata con il padre raccontò cosa aveva detto ai carabinieri il giorno prima. Al padre disse anche che alla fine della testimonianza aveva aggiunto: Scusate, mi sono inventato tutto, sono uno stupido, vi ho solo fatto perdere del tempo”. Il motivo della ritrattazione era che voleva offrire agli inquirenti dettagli importanti ma che nello stesso tempo non voleva figurare come testimone ufficiale per non avere guai giudiziari.
Ecco il seguito del suo racconto: “Come dicevo, ero in giro per lavoro. Cercando il posto dove dovevo andare, sono entrato in via Pavia, nei pressi della casa dei Poggi. E lì, la mia attenzione è stata attirata da una bicicletta, che ho visto uscire da una strada laterale e venire avanti in direzione opposta alla mia. Una bici nera da donna”. Anche una persona anziana che abita nelle vicinanze della casa dei Poggi aveva detto di aver visto una bicicletta nera da donna era appoggiata al muro davanti al luogo del delitto. L’accusa, poi, aveva indagato sulla bici di Alberto Stasi ma non aveva trovato nessuna traccia di sangue. Secondo i genitori di Chiara, si sarebbe dovuto indagare sulla bicicletta nera da donna di proprietà della madre di Alberto Stasi. Questo è uno dei punti che ha spinto la Cassazione a ordinare un nuovo processo, ma come si può capire, più che la bici della madre di Stasi si dovrebbe indagare su quella vista da Marco D. M. quella mattina. Insomma, secondo il tecnico dell’Asm, qualcun altro in quell’ora era entrato in casa Poggi, non Alberto Stasi.
Vediamo cosa aggiunge il tecnico di Vigevano: “Subito mi ha colpito perché non c’era nessun altro in giro, a quell’ora, e poi perché si muoveva in modo strano, a zig zag. Allora mi sono incuriosito, ho guardato con attenzione e ho visto che su questa bicicletta c’era una ragazza coi capelli biondi a caschetto, con gli occhiali da sole a mascherina scuri come quelli che vanno di moda adesso. Aveva le scarpe bianche con una stella blu. Non le ho visto le gambe nude, le avrei notate, per cui aveva sicuramente un pantalone lungo. Non ricordo nemmeno se avesse una maglietta o cosa. Ci siamo fissati per un momento. E siccome era proprio una bella ragazza, mi sono girato a guardarla e ho notato un altro particolare, che era poi il motivo per cui andava a zig zag. Quando mi sono girato ho visto che la ragazza teneva il manubrio con entrambe le mani, sì, ma nella mano destra stringeva anche un piedistallo tipo da camino color grigio canna di fucile, che aveva all’estremità un pomello, come una pigna. Un oggetto bizzarro da portare in giro, ho pensato. Ecco perché non andava dritto. La ragazza è passata oltre il mio furgone e l’ho persa di vista. Poi ho continuato il mio giro: sono entrato in via Pascoli, la via della villetta dei Poggi, ma mi sono accorto che era una strada chiusa, allora ho fatto inversione e sono andato via”.
Come detto, di questa testimonianza non si è tenuto conto, né sono state fatte verifiche, né se ne è parlato al processo in tutti questi sei anni.
Essa, ora, potrebbe rappresentare la svolta.