Renzi è deciso e non molla: la riforma degli stipendi colpisce soprattutto i manager. Grande gaffe di Moretti che minaccia di dimettersi se gli taglieranno lo stipendio
Quello degli stipendi è un tasto, più o meno dolente, che interessa molti. In Svizzera è stato per lungo tempo al centro di dibattiti che ha visto contrastare l’esagerazione degli stipendi dei manager rispetto agli stipendi più bassi. Si è cercato di alzare il livello degli stipendi minimi, oppure si è cercato di mettere una soglia agli stipendi più alti. Al di là della riuscita o meno di queste proposte ed iniziative, la cosa mette in evidenza che l’argomento in Svizzera è sempre caldo. In Italia in questi giorni si è molto discusso sull’argomento ponendo l’accento, in particolar modo, sugli stipendi dei manager “non è possibile che l’Ad di una società guadagni 1000 volte in più dell’ultimo operaio, torniamo ad un principio di giustizia sociale. Noi non molliamo”, afferma il premier Matteo Renzi al Tg1 parlando della rivolta dei super manager per l’annuncio di una riduzione degli stipendi. Da questa affermazione non sono mancate certe le conseguenze. Tanti manager si sono sentiti toccati e soprattutto non vogliono che si tocchi l’amato malloppo mensile. I tagli degli stipendi auspicato da Renzi andrebbe a portare alle casse italiane una gran bella sommetta: “prenderemo 500 milioni di euro dagli stipendi dei manager. Se sei un dirigente della pubblica amministrazione è giusto che guadagni più del presidente della Repubblica?
No e ci sono molti dirigenti che guadagnano di più e la media tra dirigenti italiani e quelli inglesi e tedeschi è sproporzionata” ha spiegato Matteo Renzi a Porta a Porta. Il primo a far sentire la sua voce è Mauro Moretti, sindacalista della Cgil e ora Amministratore Delegato di Trenitalia, che ha affermato che se gli taglieranno lo stipendio di 850.000 euro all’anno, sarà costretto a dimettersi. Immediate le risposte dei politici e della gente del web e diversi hanno invitato Moretti a dar seguito alle sue parole. Poi l’Ad di Trenitalia ha capito dell’errore ed è tornato sui suoi passi affermando al Corriere della Sera che potrebbe “anche lavorare gratis”, ma che i suoi “dirigenti devono essere retribuiti adeguatamente”. Piacerebbe vederla tutta.
A parte questi dettagli, la riforma sugli stipendi di Renzi è cominciata con gli 80 euro in busta paga a un milione di lavoratori, che, assicura il premier, non entreranno in una tasca per uscire dall’altra, magari tagliando, per esempio, le pensioni. Anche se il contributo pensionistico è uno dei punti del piano del commissario Carlo Cottarelli che, però, non “convince molto” Renzi. Quello che più di tutti preme al Premier è “far sorridere le famiglie italiane”, e per fare ciò bisogna “far pagare chi finora non ha pagato”. E ancora, “mi interessa il consenso delle famiglie italiane – osserva il premier – non quello delle associazioni” sindacali e imprenditoriali con chiaro riferimento alle critiche di Squinzi e Camusso. “Sono 20 anni che si arrabbiano, che guardando la Tv la sera vedo Confindustria e sindacati arrabbiarsi perché ai politici danno soldi e alle famiglie e ai lavoratori meno soldi. Ora, una volta tanto che abbiamo cambiato e che abbiamo iniziato a ridurre il numero dei politici, a restituire i soldi alle famiglie e ad abbassare l’Irap. Speravo che gli imprenditori e i sindacati fossero d’accordo. Niente. Sono arrabbiati anche stavolta. Pace; ce ne faremo una ragione”.