Due terribili casi in cui sono state sterminate due famiglie intere. Tra le vittime anche un minore di 12 anni
La cronaca nera degli ultimi giorni ha portato all’attenzione mediatica due episodi di violenza inaudita culminati con la morte di interi nuclei familiari e perpetrati da uomini molto vicini alle famiglie vittime. Quello che accomuna i due episodi è il fatto che in entrambi i casi l’assassino, oltre ad essere molto vicino alle vittime, in un caso addirittura parente, è una persona instabile o poco chiara, con una vita sociale alle spalle non completamente limpida, come il caso di Angelo Frigeri l’impiantista di 32 anni fermato per la strage avvenuta a Tempio Pausania lo scorso sabato 17 maggio. Nella strage hanno perso la vita Giulia Zanzani di 46 anni, Giovanni Maria Azzena, 50 anni e Pietro Azzena di 12 anni, ovvero madre, padre e figlio dello stesso nucleo familiare di cui il Frigeri era amico intimo. In paese l’assassino è descritto come un ragazzo tranquillo, anche se difficile da mettere a fuoco, che ha svolto tantissimi lavori senza riuscire però a tenere un impiego fisso per lungo tempo: idraulico, benzinaio, barista, antennista, titolare di un bar chiuso dopo soli 6 mesi. Neanche nei rapporti con le persone Frigerio riesce a mantenere molti contatti. Negli ultimi tempi, però, lui e Azzena erano diventati inseparabili, anche se in paese si vocifera che tra i due ci potessero essere affari poco chiari: in effetti, secondo quanto emerso dalle indagini, oltre ad essere legati da un rapporto lavorativo, Frigeri e Azzena agivano insieme anche per attività non del tutto lecite come piccole truffe e raggiri. La poca chiarezza della persona di Frigeri si riscontra nelle sue deposizioni spesso contraddittorie e dalle quali non si riesce ancora a comprendere bene se Frigeri ha agito o no da solo e neanche a far emergere un movente tale che possa aver scaturito la furia omicida di Frigeri.
Dalle analisi e dai rilievi del Ris di Cagliari sembra emergere la dinamica del triplice assassinio: Frigeri sarebbe andato in casa degli Azzena a parlare con Giulia Zanzani, e la discussione sarebbe degenerata, fino ad ucciderla a sprangate. L’assassino avrebbe quindi atteso Giovanni Maria Azzena per colpito con un colpo contundente, poi per ultimo avrebbe ucciso il 12enne figlio della coppia, Pietro, tornato da scuola e testimone scomodo, per poi strangolarli con un filo elettrico. La macabra scoperta l’ha fatta la sorella di Giulia intorno alle 22.30 di ieri sera e ha dato subito l’allarme. Preoccupata perché alle 16 il negozio di scarpe della famiglie non era stato aperto, dopo aver ripetutamente telefonato al cognato e alla sorella, la donna è andata nella casa di via Villa Marina (della quale aveva le chiavi) e dopo aver aperto il portoncino si è trovata di fronte i corpi delle vittime. Sul posto sono arrivati i carabinieri della compagnia di Tempio Pausania, del comando provinciale di Sassari, gli agenti del commissariato e la squadra mobile di Sassari. La colpevolezza di Frigerio è venuta subito alla luce: inquadrato dal sistema di videosorveglianza di alcune attività commerciali vicine all’abitazione. Proprio per questa ragione le indagini si sono subito concentrate su di lui. Sono trascorsi alcuni giorni dalla strage di via Villabruna a Tempio Pausania, e Frigeri, dopo aver cambiato tre avvocati, è chiuso e sorvegliato 24 ore al giorno nel carcere di Sassari-Bancali e per ora resta l’unico indagato.
Nella notte tra il 15 e il 16 maggio, in una villetta in via Marconi a Santhià, nel Vercellese, Lorenzo Manavella uccide i nonni e la zia. Viene subito catturato e viene chiarito il fatto che il ragazzo, tossicodipendente, ha agito mentre era sotto effetti della droga. I corpi martoriati dei coniugi Manavella, Tullio e Pina, e della figlia 58enne sono stati trovati la mattina seguente dalla donna delle pulizie. Sin dalla mattina si era cercato di contattare il nipote 25enne dei coniugi Maravella che solo in tarda serata è stato trovato a Venezia con i vestiti sporchi di sangue. Il giovane si sarebbe presentato spontaneamente alla Polfer dello scalo ferroviario di Venezia ancora sconvolto. Lo scenario che le forze dell’ordine si sono trovate davanti è sconvolgente: le vittime vengono seviziate e l’assassino, forse con alcuni complici, si accanisce sui corpi in maniera atroce tanto che forse per questo motivo si vuol supporre sia che non fosse solo sia che il ragazzo abbia agito sotto effetti di stupefacenti. Il movente che avrebbe spinto Lorenzo Manavella a compiere il triplice omicidio sarebbe la ricerca di denaro per andare in discoteca e per comprare la cocaina e il crack, sostanze da cui è dipendente.