Dalla Gran Bretagna e dagli Usa è partito l’allarme sui superbatteri e virus resistenti agli attuali antibiotici
L’allarme viene dall’Inghilterra, precisamente dall’Istituto superiore di sanità britannica. A lanciarlo è Sally Davies, il responsabile medico del governo. In sintesi si tratta di superbatteri che entrano negli ospedali, portati evidentemente dagli uomini, e sono resistenti agli attuali antibiotici. I superbatteri sono detti tali perché hanno imparato a resistere agli antibiotici, i quali non avranno effetto contro di loro. Secondo Sally Davies, se non si scopriranno nuovi medicinali, nei prossimi venti anni i batteri diventeranno immuni alle cure con antibiotici e saranno guai seri. Aggiunge: “Anche gli interventi chirurgici più banali rischiano di divenire fatali. Se non agiamo presto, ci ritroveremo nella stessa situazione dell’umanità all’inizio del 1800”. La sua proposta è una richiesta a tutti i Paesi più industrializzati affinché quest’argomento venga trattato al prossimo vertice G8 di Londra, in aprile. In pratica, tra i grandi rischi nazionali in ciascuno Paese, oltre ai terremoti e agli attacchi terroristici ed altre emergenze civili, è da inserire quella dei superbatteri resistenti agli attuali medicinali.
Anche il Centro di prevenzione delle malattie americano è in allarme. I ricercatori hanno messo in guardia contro i pericoli derivanti dai cosiddetti “batteri da incubo”, perché si diffondono negli ospedali e sono un grande rischio per i pazienti, soprattutto per quelli più deboli e con molte patologie. Questi “batteri da incubo” si diffondono, anche a giudizio dei responsabili Usa della sanità, negli ospedali, sono chiamati “Carbapenen-Resistant Enterobacteriaceae ed hanno tre caratteristiche: sono resistenti a tutti o quasi gli antibiotici, la metà di chi s’infetta non sopravvive, sono in grado di trasmettere la resistenza agli antibiotici ad altri batteri ella stessa famiglia.
Negli ultimi dieci anni la percentuale di Carbapenen resistenti si è quadruplicata: dall’1,2% al 4,2%. Negli ultimi sei mesi 200 cliniche statunitensi hanno trattato almeno un paziente con un’infezione provocata da questi batteri. L’allarme, dunque, non è per le prossime settimane, ma per i prossimi anni, però in questo genere di materia, non si può fare finta di nulla. Per affrontare un’emergenza e uscirne vittoriosi ci vuole molto tempo. Ognuno può rendersi conto della situazione che potrebbe crearsi da qui a qualche anno: si va in ospedale per curarsi e si rischia di cadere ammalati a causa di questi superbatteri. La conclusione di Sally Davies è lapidaria: “Dobbiamo lavorare tutti insieme per evitare uno scenario apocalittico di diffusione dei batteri resistenti agli antibiotici”.
Ma non ci sono solo i superbatteri, ci sono anche i supervirus. In Oriente circolano nuove infezioni – per adesso se ne sono contate 14 – che già hanno mietuto 8 vittime. Il virus proviene da un coronavirus della stessa famiglia della SARS (Sindrome acuta respiratoria). In Gran Bretagna si sono registrati tre contagi da persona a persona, ma ognuno può facilmente capire che nell’epoca della comunicazione globale il contagio è facilissimo da una parte all’altra del pianeta.
Secondo Gianni Rezza, direttore del Dipartimento delle malattie infettive dell’Istituto Superiore della sanità “l’allarme non è per niente campato in aria, è reale. A lungo termine potranno circolare nel mondo batteri resistenti e armi spuntate per combatterli”.
A suo giudizio, da anni non esiste più una ricerca sugli antibiotici, si è lavorato sui farmaci antivirali, ma non sugli antibiotici avanzati. Inoltre, tutti gli ospedali hanno problemi con la diffusione di questi batteri resistenti. Se i batteri vanno nelle sale di rianimazione o entrano nei reparti, sarà difficile trovare una soluzione, specie se con la penuria di antibiotici dovessero cominciare a circolare di nuovo i microbatteri della tubercolosi e le klebsielle, cioè i batteri che si pensava di aver sconfitto e che invece diventeranno difficili da combattere. Dunque, per affrontare la situazione è necessaria una nuova ricerca su nuovi tipi di antibiotici, ma ognuno di noi può far qualcosa, ad esempio fare un uso corretto di antibiotici, assumerne solo quando è necessario e quando sono prescritti dal medico, altrimenti l’assuefazione li rende innocui.