Per sfiducia parlamentare o per scelta obbligata il tempo di Berlusconi sembra che non andrà oltre novembre
Sembra proprio che la caduta di Berlusconi sia imminente. Se non sarà stato ieri, martedì 8 ovembre, sul Rendiconto di bilancio del 2010, un provvedimento tecnico che sicuramente sarà votato dalla maggioranza, compresi coloro che hanno deciso di lasciarla, sarà a metà novembre, quando si voterà al Senato il maxi emendamento alla legge di Stabilità, che comprende parte delle misure sullo sviluppo presentate nei giorni scorsi all’Europa. Se non accadrà al Senato, dove la maggioranza si potrebbe assottigliare ma potrebbe restare sempre maggioranza, si verificherà alla Camera, dove i numeri erano già risicati prima e sicuramente saranno insufficienti ora che un gruppo di deputati ha deciso di prendere le distanze dal governo, a meno che il premier non si faccia da parte e favorisca un altro governo con una maggioranza allargata all’Udc, anche a guida Pdl, tipo Letta o Schifani. La qual cosa potrebbe anche essere possibile dopo l’eventuale voto di fiducia al Senato sul maxi emendamento e prima di votare alla Camera. Questa è un’ipotesi ma, al momento, non sembra poggiare sul solido, soprattutto perché pare che l’Udc non sia disponibile ad appoggiare un Esecutivo siffatto senza il Pd. Prima, però, di delineare alcuni scenari, vediamo brevemente come sia stato possibile arrivare alla (probabilmente imminente) caduta del governo dopo che non più tardi di due settimane fa il premier aveva ottenuto l’ennesima fiducia. Ci sono una serie di concause che sono maturate nelle ultime settimane, complice la crisi economica che, è utile ricordarlo, non è italiana, ma mondiale e che ha visto l’assalto della speculazione internazionale all’Italia in quanto il nostro Paese, pur avendo dei parametri migliori di tanti altri, anche della stessa Francia (a cominciare dal livello di disoccupazione), ha un grosso punto debole: il debito pubblico (120% del Pil) accumulato dagli anni ’70 in poi. Dopo le due manovre estive, e magari già prima, l’economia avrebbe avuto bisogno di una sferzata per tornare a crescere, ma da una parte il ministro Tremonti ha saggiamente pensato a ridurre la spesa pubblica per tenere a posto i conti, dall’altra, non essendoci i soldi, non ha provveduto per tempo e contemporaneamente alle due manovre, a dare indicazioni precise per dare slancio allo sviluppo e la crescita. C’è stato un periodo in cui Berlusconi e alcuni ministri sollecitavano provvedimenti per la crescita e Tremonti rispondeva che non c’erano i soldi e che si potevano adottare solo quei provvedimenti che non richiedevano denaro o che non provocavano emorragia di entrate. Lo scontro si è aggravato con l’aggravarsi degli assalti della speculazione internazionale. Anche le misure che il premier ha presentato all’Europa e che questa ha approvato (dismissione di parte del patrimonio agricolo e immobiliare pubblico, privatizzazione dei servizi, liberalizzazioni delle professioni, semplificazioni burocratiche per attività produttive, misure per l’apprendistato e ’occupazione, norme sui contratti aziendali, sulle relazioni industriali e sulla flessibilità, per citarne alcune) sono state oggetto di contestazione tra chi richiede misure più impopolari e pesanti (patrimoniale o patrimoniali) e chi voleva e vorrebbe gestire l’evoluzione della crisi badando a non frenare i consumi e a depotenziare i redditi con nuove tasse. Su questo punto, oltre che sulla leadership, si è creata una fronda all’interno del Pdl, fronda che pareva rientrata ma che negli ultimi giorni si è allargata, fino a far dire a Casini che i deputati che potrebbero lasciare il Pdl e la maggioranza potrebbero essere addirittura una quarantina, cioè uno smottamento vero e proprio che potrebbe condurre addirittura allo sfaldamento non solo della maggioranza ma del partito stesso, e quindi del centrodestra. Infine, ma solo per sintetizzare, alla base della situazione descritta c’è stata anche la “fabbrica dell’odio” che ha dato i suoi frutti: demonizzazione del premier, accuse, insulti, fino a descriverlo come “non all’altezza”, “corruttore”, “corrotto”, “burattino”, “mafioso”, eccetera. Il tutto, ovviamente, sostenuto da una serie di Procure che più che a perseguire i reati di furto, violenza e danneggiamenti nelle strade e nelle città hanno badato a indagare Berlusconi per screditarlo (finora è stato sempre assolto o prosciolto).Inutili sono stati i tentativi del premier di chiedere, da ultimo, l’aiuto del Fmi (Fondo monetario internazionale) non per avere aiuti di cui l’Italia non ha bisogno, ma perché un organismo internazionale verificasse alla luce del sole la regolarità dei conti ogni tre mesi per certificare l’assoluta affidabilità dell’Italia. Gli scenari. Se Pdl e Lega conserveranno la maggioranza al Senato, avranno comunque un potere di veto contro qualsiasi altro governo con maggioranze diverse, veto che potrebbe portare alle elezioni subito. È una soluzione auspicata da una parte del Pdl e della Lega: sarebbe coerente con lo spirito maggioritario che dice che quando una maggioranza non c’è più la parola spetta al popolo. Si potrebbe dire che sono tempi di crisi e che dovrebbe valere la coesione nazionale. È vero, Napolitano lo sta dicendo da tempo, ma le opposizioni, di fatto, rifiutando la collaborazione offerta, hanno calpestato l’interesse nazionale in favore di quello politico-elettorale di parte. Non si può rimproverare, dunque, l’altro se ci si comporta allo stesso modo o peggio. Si parla di mancanza di credibilità che investirebbe il premier. La realtà è che all’estero sanno bene che le attuali opposizioni sono divise su quasi tutto, in modo particolare sulle misure proposte e di fatto imposte dall’Europa per bloccare il nervosismo dei mercati. Ipotesi Gianni Letta premier: non sarebbe un ribaltone, i fuoriusciti dal Pdl (a proposito, come mai non si parla di campagna acquisti ora che sono i deputati Pdl ad andare nell’Udc, mentre prima si parlava dei cosiddetti responsabili come “venduti”?) lo voterebbero, ma Casini ha già fatto sapere che non è d’accordo ad appoggiare il centrodestra. Ipotesi governo di unità nazionale guidato o da Gianni Letta o da Casini: potrebbe essere possibile solo in presenza di uno smottamento notevole del Pdl, cosa non scontata. Le ipotesi andranno verificate con i numeri. Per ora si sa con certezza solo che la fine dell’era Berlusconi sarà certificata a giorni. [email protected]