L’attualità politica del governo vede aperti alcuni fronti molto importanti: il lavoro preparatorio della finanziaria dei prossimi due anni, che sarà approvata l’anno prossimo (la cosiddetta manovra correttiva) e che è direttamente legata alla crisi economica e alla speculazione finanziaria di questi giorni; l’esistenza di una rete estesa di favori tra funzionari della pubblica amministrazione e anche della politica e gli imprenditori di grandi e piccole opere, favori che possono essere segno di semplice malcostume o anche di corruzione, e la prospettiva delle riforme in relazione alla litigiosità nei partiti.
Come si sa, la settimana scorsa l’Unione europea ha deciso di formare un fondo di 720 miliardi (70 la Commissione europea, 440 gli Stati membri anche sotto forma di garanzie patrimoniali e 220 miliardi al massimo provenienti dal Fondo monetario internazionale (Fmi) per sostenere i Paesi in difficoltà. Inoltre, la Banca centrale europea (Bce) potrà acquistare titoli obbligazionari degli Stati che li emetteranno e che non riusciranno a collocarli sul mercato. Tutto questo a difesa della moneta unica, ovviamente dietro presentazione di un piano di risanamento dei conti pubblici.
Ebbene, è vero che gli organismi internazionali, a cominciare dal Fmi, non fanno altro che certificare che i conti italiani sono in ordine, ma è pur vero che per mettere al riparo il nostro Paese dagli assalti degli speculatori il ministro dell’Economia Giulio Tremonti sta dando dei messaggi precisi, e cioè: la manovra correttiva da 27,6 miliardi riguardante il biennio 2011/2012 sarà caratterizzata dal rigore nella spesa pubblica (tra le proposte: blocco degli aumenti degli stipendi degli statali, blocco del turn-over, soppressione di due “finestre” per andare in pensione, diminuzione dei costi della politica tra cui il taglio del 5% sugli stipendi dei parlamentari, dei ministri e dei manager pubblici, stretta sulle auto blu e in genere sugli altri settore della spesa pubblica) e dall’approvazione dei decreti attuativi del federalismo fiscale.
Se il rigore dei conti sarà ottenuto dal taglio della spesa senza ricorrere a nuove tasse, il federalismo fiscale dovrà raggiungere almeno due obiettivi. Il primo è la responsabilizzazione del rapporto uscite-entrate. Le tasse degli italiani saranno ripartite in ragione di un terzo allo Stato, alle Regioni e ai Comuni, il che vuol dire che gli enti locali dovranno far pagare le tasse a tutti per avere più entrate e che dovranno controllare i lavori pubblici per spendere di meno.
La polemica sui costi della riforma sembra essersi spenta in seguito alle precisazioni del ministro Calderoli sul Corriere della Sera quando ha dichiarato che il federalismo fiscale significa non maggiori, ma minori costi, sia perché il personale della pubblica amministrazione già esiste (quindi nessun aumento), sia perché saranno introdotti i cosiddetti “costi standard” sui prezzi dei lavori pubblici. In sostanza, i meccanismi che saranno introdotti col federalismo fiscale dovrebbero rendere più “virtuoso” il rapporto entrate-uscite-qualità delle opere.
Per fare un esempio, il deficit sulla spesa sanitaria di alcune regioni (Campania, Calabria, Molise) lo Stato non lo ripianerà ma saranno le Regioni a dover imporre nuove tasse, per cui se non si vogliono introdurre nuove tasse – cattivo biglietto da visita elettorale – bisogna fare attenzione a come e a ciò che si spende. Ecco, il ministro Tremonti vuole dare un segnale di serietà sia agli altri Paesi che all’Europa, dicendo agli speculatori che i conti e i bilanci italiani sono solidi e rispetterano tutti i parametri europei.
Dopo la pubblicazione di circa 400 nomi trovati nel computer di Diego Anemone, l’imprenditore che con Angelo Balducci, ex presidente del Consiglio dei lavori pubblici della Protezione civile, ha formato una “cricca” che gestiva appalti dei grandi eventi e che avrebbe pagato case o lavori, il premier ha scelto una linea che si può sintetizzare così: “nessuna lista di proscrizione”, cioè attenzione a condannare gente che magari non ha commesso nessun reato, ma chi ha accettato favori dovrà pagare e sarà licenziato dal governo.
Oltre a questo, sarà accelerato l’iter del decreto anticorruzione, che in sostanza contiene dei divieti contro coloro che saranno condannati e che si vedranno bloccati nella carriera politica e nella pubblica amministrazione.
Quanto alle riforme, esse sono sempre più necessarie, anche per lottare più efficacemente contro la crisi economica, ma possono essere fatte solo se c’è un clima di pacificazione tra le forze politiche. Il che pare esserci solo in modo altalenante.
La fronda nel Pdl rappresentata dalla minoranza di Fini è troppo ridotta per costituire un pericolo reale dal punto di vista numerico, ma può contribuire a creare un clima di contrasti e di confusione che non giova ad accordi di ampio respiro, esattamente come il conflitto tra maggioranza e minoranza nel Pd non aiuta a contrastare la maggioranza di governo con proposte sufficientemente valide ed unitarie.
È chiaro che compete alla maggioranza fare proposte e trovare consensi ma, come abbiamo detto, questa, almeno finora, sembra nicchiare. Si sa che andranno in aula prossimamente il decreto legge anticorruzione e il disegno di legge costituzionale ribattezzato Lodo Alfano, nonché la riforma del Consiglio Superiore della Magistratura: troppo poco rispetto alle attese.