Dal decreto milleproroghe ancora una volta superficialità ed impreparazione, pare che il governo faccia apposta ad emanare provvedimenti legislativi attuabili solo in parte, confusi e contraddittori, prendiamo per esempio la delibera relativa alle aliquote IMU 2020. I Comuni potranno scegliere tra i vari casi predeterminati mediante un prospetto che dovrà essere approvato dal Mef (Ministero dell’economia e finanze) entro il 29 giugno. Come al solito, trattasi di una normativa fumosa ed imprecisa, infatti, nell’ipotesi che il Comune, non intenda diversificare le aliquote, le delibere devono essere redatte accedendo al prospetto che sarà pubblicato sul sito delle Finanze.
La norma prevede che il prospetto costituisca parte integrante della delibera stessa, quindi senza prospetto, la delibera è priva di effetti. Proseguendo in un attento esame della normativa, si evince che non è menzionato l’anno di applicazione, questo ha creato non pochi dubbi ai Comuni, che devono approvare il bilancio entro il 31 marzo, anche se di fatto il termine di approvazione delle aliquote per il 2020 è fissato per il 30 giugno, termine svincolato dall’approvazione del bilancio comunale. Visto il rischio di inefficacia della delibera, il Ministero ha prontamente chiarito, ma purtroppo la cattiva notizia sta nel fatto che non è passata nella legge di conversione del decreto Milleproroghe l’emendamento volto a risolvere questo pasticcio normativo. Il Governo aveva garantito che l’unificazione di IMU e TASI non avrebbe portato aumenti di aliquota, ma nemmeno una perdita da parte dell’erario comunale relativo le sue entrate.
Lo scopo della nuova IMU di recuperare la maggiorazione dello 0,8 per mille presente nella TASI, sempre però a condizione che il Comune, avesse sin dall’anno 2015, annualmente confermato con specifica delibera, la maggiorazione di aliquota. Purtroppo però non viene raggiunto l’obbiettivo, perché il comma 754 della delibera del Ministero, rinvia solo gli immobili che che possono avere una aliquota massima dell’1,14 %, ovvero gli immobili facenti parte della categoria “altri fabbricati”, tra questi quelli in categoria catastale D immobili merce (capannoni) e abitazioni di lusso. Il non poter applicare l’aumento dello 0,8 per mille su questi immobili, determina una rilevante perdita di introiti, che non sarà facile ripianare, considerato che tutte le amministrazioni facevano affidamento alla legge di conversione del Milleproroghe. Ora c’è tempo sino al 30 giugno per trovare una soluzione a questo pasticcio normativo, pertanto tutti gli enti che avevano fatto affidamento sull’emendamento, devono velocemente rifare tutti i conteggi per far si che ci sia la quadratura del bilancio.