Blockchain e digitalizzazione negli ultimi tempi si stanno imponendo alla pubblica opinione come la espressione di innovazioni spontanee, che potremmo definire sorgive, le cui potenzialità attendono solo di essere incanalate, ma che intanto stanno lentamente creando una nuova narrativa sociale, orientando professioni dalle differenti modalità operative a condividere un medesimo obiettivo: la integrazione aziendale delle nuove competenze artificiali.
A questi cambiamenti si aggiunge ChatGPT, la recentissima applicazione di Artificial Intelligence-AI, modellata ad immagine e somiglianza delle nostre capacità, ma che proprio per questo motivo va considerata con l’abituale prudenza che riserviamo alle opinioni ricevute da sconosciuti.
A dimostrarne ambizioni e limiti è stato il Professor Giacomo Poretti, accademico presso il Dipartimento Tecnologie Innovative presso la SUPSI, in qualità di presidente della Ticino Blockchain Technologies Association (www.tbta.ch), durante una recente conferenza svoltasi alla Villa Ciani di Lugano per la presentazione altri di due nuovi associati, oltre a quelli di cui le nostre cronache vi hanno già dato notizia nelle scorse settimane (delle cui attività ci siamo già occupati nelle scorse settimane (https://lapagina.ch/la-conferenza-blockchain-esg-growing-together-di-lugano-annuncia-larrivo-di-nuovi-soci-in-tbta/)
Ma in questa occasione, il presidente di TBTA ha lasciato che ad inaugurare i lavori fosse la voce impersonale di una applicazione ChatGPT appositamente istruita.
Corretta nella forma, la presentazione di ChatGPT non ha ovviamente commentato la sostanza di quanto i relatori hanno poi esposto.
Anche in questa circostanza, la genericità della intelligenza artificiale ha trovato conferma e quindi ora ci lascia spazio per esaminare i contenuti presentati dagli esperti.
Due, si diceva, i nuovi soci che hanno aderito a TBTA, il principale cluster digitale, il polo di attrazione e coordinamento tecnico di tutte le novità informatiche che si stanno sviluppando nella regione italofona a sud del Gottardo.
Iniziamo da Bitcoin Suisse AG (www.bitcoinsuisse.com), con sede in Zugo.
Nel giro di un solo decennio è progredita from zero to hero, da start-up a realtà operativa con circa 300 collaboratori distribuiti in uffici sparsi per il nostro continente.
Semplificando, caratteristica di questa azienda é la gestione integrata, verticale, delle tradizionali attività bancarie ma, nello specifico, effettuate con criptovalute ed assistite dalle consuete, oltre che necessarie, garanzie regolamentari.
A sfatare un facile preconcetto, che immagina le attività digitali gestite da operatori misteriosi e basati in località remote, segnaliamo che i principali dirigenti di Bitcoin Suisse AG provengono dalla finanza tradizionale e vantano referenze impeccabili.
Già questo rilievo, in linea di massima conferma la convergenza tra finanza reale e finanza digitale, ed inoltre che quest’ultima può essere intesa come una evoluzione inclusiva non solo delle attuali competenze dei risparmiatori ma anche delle tradizionali procedure in tema di gestione del risparmio.
“Le due forme di investimento ormai presentano rischi e profitti in misura analoga”, ha sintetizzato Lothar Cerjak, Chief Clients Officer e Member of the Executive Management di Bitcoin Suisse (https://ch.linkedin.com/in/lothar-cerjak-4bb4b288).
Tuttavia le criptovalute evidenziano particolarità specifiche.
Sono decentralizzate, accessibili sempre ed ovunque.
Rappresentano una asset class, una formula di investimento, con una capitalizzazione, un aggregato economico, dalle dimensioni contenute rispetto ad altre, come ad esempio oro ed immobili.
Un ultimo rilievo, ma non meno importante: l’andamento delle criptovalute si sta decorrelando dagli altri investimenti, specie in borsa.
In parole semplici: questo segnala che il corso delle transazioni artificiali inizia a “vivere di vita propria”, si muove in autonomia rispetto alle notizie che influenzano le quotazioni dei tradizionali mercati finanziari.
Di conseguenza, é giustificato che anche in ambito di finanza digitale “tutto cambia perché nulla cambi”, e dunque, oggi come in passato, i controlli sulle transazioni e le autorizzazioni regolamentari imposti anche agli operatori artificiali si confermano sostanzialmente i medesimi.
Accresciuti da una evoluzione formale, ma identici nella sostanza delle conseguenze.
Questa la conclusione, logica e funzionale, che ha anticipato ai presenti in sala la relazione del secondo relatore, Libero Marconi, Senior Director di Alvarez & Marsal, uno tra i più autorevoli esperti internazionali in ambito di Cyber Risks, e con un background professionale che nell’ultimo ventennio lo ha visto protagonista in una trentina fra le maggiori vertenze legali a livello globale.
Se vi sembra una esagerazione, ricordiamo che lo studio Alvarez & Marsal (https://www.alvarezandmarsal.com/), che potremmo riduttivamente descrivere come uno dei market leader mondiali nel campo delle ristrutturazioni aziendali, figura tra i consulenti per la Confederazione nella acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS.
Anche in questo particolare ambito specialistico, gli obiettivi, le cautele, la etica e le competenze professionali cui fare ricorso dopo l’arrivo della finanza digitale si ripresentano aggiornate non nella sostanza, ma perlopiu’ nella forma, probabilmente imposte dalla novità delle declinazioni di investimento, leggasi: NFT e simili.
“Malgrado il mondo sia in rapida evoluzione, Alvarez & Marsal resta in grado di gestire le complessità aziendali e contribuire alla attendibilità delle iniziative economiche”, ha puntualizzato il Direttor Marconi.
Inoltre, ha osservato l’esperto, è necessario ricordare che le criptovalute costituiscono un investimento simile ad altri già presenti sul mercato, e come quest’ultimi resta dunque esposto a potenziali frodi, oltre che variazioni dei corsi.
In aggiunta, dovessero risultare inadeguate le rituali cautele tecniche, le valute digitali restano vulnerabili ad attacchi informatici.
Di conseguenza, anche nell’universo artificiale per gli operatori vale la regola “meglio prevenire che curare”, a posteriori, gli oltre centomila “cyber-incidents” che ogni giorno si registrano a livello mondiale.
Prima di concludere, ancora un commento.
È evidente che ChatGPT è un generatore di commenti omnicomprensivi.
Nel nostro caso specifico, non ha saputo anticipare la sostanza delle osservazioni dei due relatori, pur conoscendo l’argomento trattato e il profilo aziendale, oltre che professionale, dei conferenzieri.
Questo, con buona approssimazione, porta a concludere che i risultati di questa applicazione di intelligenza artificiale per il momento devono essere intesi come le previsioni meteo che, per quanto provenienti da fonti autorevoli, restano pur sempre da giudicare secondo il buon senso di chi poi decide di volersene servire.
di Nicoletta e Andreas Grandi