La decisone della Commissione dell’economia del Nazionale che chiede
negoziati complementari con l’Ue chiude le consultazioni del Governo. Il suo rapporto è atteso per maggio, dopo ottobre i negoziati
L’evoluzione sull’accordo quadro istituzionale tra il governo svizzero e l’UE prosegue lentamente. Berna non è ancora soddisfatta della bozza concordata e per la firma si prevedono tempi lunghi. Il prossimo passo è atteso per la fine di maggio, dopo le elezioni europee, quando il Consiglio federale presenterà il rapporto sulle consultazioni interattive con le parti interessate. Dagli incontri con i partiti politici, rappresentanti dell’economia, i sindacati e in ultimo i cantoni, il Governo ha ottenuto un “SÌ incoraggiante”, ma che “obbliga” l’esecutivo svizzero a negoziati complementari con l’Unione europea (Ue) a chiarire le posizioni sui punti in sospeso. La Commissione dell’economia e dei tributi del Consiglio nazionale (CET-N) ha approvato una mozione, riprendendo in parte le richieste dell’omologa Commissione degli Stati, che esige precisazioni dall’Ue soprattutto sulla protezione dei salari. Una piccola vittoria dei sindacati che si sono imposti con la loro ferma posizione senza compromessi che la linea rossa sulle misure di accompagnamento non è negoziabile. Su questo punto il Consiglio federale non dovrà tollerare tagli al livello dell’attuale protezione, anzi all’occorrenza dovrà estenderla. Gli altri due punti contenuti nella mozione riguardano le direttive sui diritti dei cittadini dell’UE (inaccettabile) e la garanzia degli aiuti statali conosciuti oggi nella Confederazione. Durante la sessione estiva la mozione sarà al vaglio delle Camere federali, se approvate, sarà un definitivo incarico al Governo.
Le consultazioni, alcuni partiti hanno mostrato cambi di opinione, hanno dato al Consiglio federale la base sui punti importanti e in dubbio dell’accordo quadro costituzionale. Al Governo spetta ora il compito di trovare un’intesa e le soluzioni sui molti “ma” nei punti problematici per convincere Bruxelles a desistere dalla sua rigida strategia. I tempi stringono e presto il Governo dovrà sciogliere il nodo sulla firma. Si prevedono tempi lunghi, un rinvio che ha trovato una maggioranza nell’esecutivo. Il primo messaggio sui risultati delle consultazioni è atteso per la fine di maggio dopo le elezioni europee e comporterà la presa di posizione, vincolante, che per l’accordo quadro istituzionale servono miglioramento sui punti sopra accennati (misure di accompagnamento, cittadinanza, aiuti statali) e il tribunale arbitrario. I negoziati complementari saranno presumibilmente rinviati a dopo le elezioni federali del 20 ottobre e la votazione popolare sull’accordo quadro istituzionale slitterebbe alla fine del 2020 o al 2021. Una strategia che metterebbe alla prova la pazienza dell’Ue, a ora ostile a riprendere i negoziati e a non attualizzare gli accordi bilaterali. L’Ue vuole subito chiarezza, l’esecutivo elvetico non vuole però sperperare i risultati dei negoziati con l’UE. Un NO all’accordo e la fine del processo di trattative avrebbero conseguenze negative nei rapporti con l’Europa.
Un’incognita resta l’atto finale dell’accordo: la votazione popolare. Da questo aspetto arriva un segnale positivo, anche se relativo, da un sondaggio di gfs.bern pubblicato a marzo su 2.000 aventi diritto al voto. Oggi il 60% approverebbe l’accordo. Si tratta di “un risultato momentaneo” che potrebbe cambiare a secondo dei progressi, ma i motivi principali che hanno portato a questo risultato sono eloquenti. Oltre alla protezione per i salari, il tribunale arbitrale, decisiva sono le preoccupazioni di perdere il livello di benessere senza l’accordo, la paura per la piazza economica che perderebbe in rilevanza e per l’incerto futuro senza accordi bilaterali. Dunque, un SÌ dettati più dall’insicurezza che dalla convinzione.
Gaetano Scopelliti