Clinton auspica un’inchiesta sui brogli elettorali, mentre Putin l’accusa di “fomentare disordini”, ma la posta in gioco è il predominio nella regione più calda e più ricca di petrolio del mondo
Tensioni nel Mediterraneo e tensioni tra Russia e Usa, per ora a parole e attraverso segnali indiretti, come possono essere gli spostamenti di navi militari russe dall’Artico verso il Mediterraneo e di navi americane attraverso il Canale di Suez. Le tensioni tra i due Paesi si misurano dalle allusioni polemiche, seppure indirette, contenute nelle dichiarazioni pubbliche, quantunque pronunciate davanti ad una platea “interna”. All’indomani dei risultati delle elezioni in Russia, che hanno visto un sensibile calo del partito di Putin che, a risultati ultimati, ha conservato la maggioranza assoluta (438 seggi su 450) e anche quella cosiddetta costituzionale dei due terzi grazie all’alleanza con Russia Giusta, una specie di listino di Russia Unita (Putin e Medved), Hillary Clinton aveva rilasciato una dichiarazione al vetriolo: “Esprimo seria preoccupazione sulla correttezza del voto, il popolo russo merita un’inchiesta”. Immediata ed altrettanto piccante la reazione di Putin: “Il segretario di Stato non aveva ancora nemmeno ricevuto il rapporto degli osservatori che aveva dato il tono e il segnale”, riferendosi alla protesta nella Piazza Rossa. Insomma, gli Usa hanno accusato la maggioranza politica in Russia di vincere con i brogli, i vincitori hanno accusato gli Usa di fomentare disordini in casa d’altri. Chi ha ragione? Hanno ragione e torto tutti e due, perché dietro le scaramucce dialettiche si celano grandissimi interessi politici e soprattutto economici, militari e strategici. Cominciamo da Hillary Clinton e dagli interessi americani. Clinton vuole piegare le resistenze russe a concedere – e anzi, a farne parte – lo scudo missilistico piazzato in Polonia e puntato verso il Medio Oriente e in particolare contro l’Iran degli ayatollah che si stanno attrezzando per costruire le armi nucleari. Per piegare le resistenze, crea “disordini” in Russia per indebolirne la leadership.
Clinton vorrebbe che la Russia facesse la spalla degli Usa nel complicato gioco internazionale. La Russia di Putin, invece, da sempre sostiene che piazzare uno scudo puntato verso sud un giorno potrebbe significare averne uno puntato verso nord. È un po’ come le navi sovietiche a Cuba nel 1961, costrette da Kennedy a sloggiare proprio perché ad un tiro di schioppo dagli Usa. Non solo. La Russia rivendica uno status di superpotenza (anche se decaduta rispetto all’Urss) e vede come il fumo negli occhi la presenza ravvicinata americana nell’orbita del suo territorio, anche e proprio perché gli Usa la trattano da potenza di second’ordine. Ancora: la Russia vede minacciati i suoi interessi economici nella vasta regione. Partner dell’Iran non per ragioni religiose e nemmeno per motivi ideali, ma semplicemente perché l’Iran serve come elemento di contrasto contro l’invadenza Usa in quell’area piena di petrolio e gas, la Russia fa di tutto per opporsi alla politica americana e per esaltare la propria. Ora, all’Iran, si è aggiunta anche la questione Siria, più o meno per gli stessi motivi. Gli Usa vorrebbero cambiare regime in Siria, la Russia la difende, non perché Assad sia una brava persona (ma chi lo è quando si tratta di potenze e interessi più o meno nascosti?) ma perché, appunto, serve alla Russia come rete di relazioni e come piazza economico-commerciale. Ecco allora che i gesti sottintendono il raggiungimento di un risultato politico. Quello delle navi da nord a sud (russe) e da sud a nord (americane) mirano a rassicurare l’amico-alleato siriano o a dirgli che stia attento. Ecco anche perché Assad si è subito precipitato a negare di aver mai dato ordini di sparare sulla folla, come se i fucili si fossero messi a sparare da soli. In questo modo ha rafforzato l’iniziativa russa contro i nemici americani che, invece, insistono nel ritenerlo un massacratore e che non possono toccarlo proprio perché c’è la Russia che lo difende. I giochi, come abbiamo scritto sulla scorsa edizione, si stanno facendo pesanti, anche se di questa pesantezza se ne avvertono solo alcuni segnali, come i sabotaggi a ripetizione in Iran nei siti atomici, oppure l’iniziativa turca di creare una specie di corridoio no fly zone ai confini con la Siria per permettere ai profughi di trovare un rifugio sicuro e lontano dalla guerra civile lì in atto e per permettere anche – ma questo motivo si dice ma non si conferma ufficialmente – all’esercito di volontari siriani di organizzarsi e di contrastare le milizie del regime per dare fiato alla rivolta. La situazione, come si vede, è seria, ma non grave, per ripetere la battuta di un noto scrittore. Almeno non ancora. [email protected]