Circa 2000 persone sono morte nella provincia cinese del Qinghai, che è stata colpita lo scorso 14 aprile da un potente terremoto di magnitudo 7.1 Richter. Novecento sono state estratte vive, ma molte altre sono rimaste sepolte sotto le macerie a Jiegu (Gyegu in tibetano, la lingua della grande maggioranza dei residenti della regione), una città di circa 100 mila abitanti nella Prefettura autonoma tibetana di Yushu, dove il sisma ha colpito alle 7:49 della mattina (la Cina è sei ore avanti rispetto all’Italia). Tutt’ora il numero dei feriti è di 12.315, di cui 1.134 in condizioni gravi. Almeno 100mila persone hanno perso la propria casa a causa del sisma.
Le ricerche di superstiti non sono terminate, e molto probabilmente, il computo dei morti è destinato a non fermarsi ancora.
Il sisma ha provocato il crollo dell’85 per cento degli edifici di Gyegu, fatte in gran parte di terra e legno. L’emittente ha mostrato anche soldati e poliziotti al lavoro tra le macerie di un edificio distrutto. Le comunicazioni con la regione colpita, che si trova a 4.000 metri di altezza non lontano dai confini con la Regione Autonoma del Tibet, sono state interrotte per alcune ore prima di essere ripristinate dall’esercito.
Circa 700 soldati, aiutati dai volontari locali, si sono immediatamente messi all’opera per scavare sotto le macerie, spesso con le mani o con attrezzi di fortuna, per estrarre dalle macerie le persone ancora vive.
Altri cinquemila soccorritori, tra cui soldati e medici, sono stati mobilitati per raggiungere la zona colpita, che è 800 chilometri a sud della capitale provinciale Xining. Le operazioni di soccorso sono state ostacolate dalle temperature polari e dai crolli di ponti e strade, comprese quelle che dall’unico aeroporto della zona portano a Gyegu.
L’aeroporto, invaso da detriti, è stato comunque aperto e sono state inviate tende, coperte e vestiti pesanti. Tre tende che possono ospitare una sessantina di persone sono state erette nel cortile della prefettura di Yushu, riferisce Nuova Cina.
Alcune scuole elementari ed un istituto professionale sono crollati e molti studenti sono rimasti intrappolati tra le macerie. Cinque bambini sono morti in una scuola elementare. Nella memoria di tutti i cinesi è vivo il ricordo del terribile terremoto del 2008 nel Sichuan, una provincia che confina col Qinghai.
Il sisma del Sichuan causò la morte di quasi 90.000 persone tra cui migliaia di studenti, una circostanza che ha dato vita a polemiche sulla qualità delle costruzioni che a distanza di due anni dalla tragedia sono tutt’altro che sopite. Il Presidente Hu Jintao ed il premier Wen Jiabao hanno chiesto di “fare tutti gli sforzi per salvare vite e fornire assistenza alle vittime del terremoto”. Il governo ha stanziato 200 milioni di yuan (circa 29,3 milioni di dollari) per gli aiuti ai terremotati. L’epicentro del sisma è stato localizzato a 33 chilometri di profondità sulle montagne che separano il Qinghai dal Tibet ed è stato avvertito anche a Chamdo, nella Regione Autonoma del Tibet e a Garze nel Sichuan, dove cinque persone hanno perso la vita. La ferrovia “più alta del mondo”, quella del Qinghai-Tibet, passa a 200 chilometri da Yushu e non risulta che abbia subito danni.
Il leader spirituale dei tibetani, il Dalai Lama, ha rivolto un messaggio di solidarietà e di condoglianze alle vittime assicurando che pregherà per loro. Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha inviato “le sue più profonde condoglianze al governo e al popolo della Cina”. Messaggi di cordoglio sono giunti anche dal segretario di stato americano Hillary Clinton, dal presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso e dal ministro degli esteri italiano Franco Frattini.