Il procuratore capo de L’Aquila, Alfredo Rossini, ha aperto un’inchiesta mettendo sotto accusa i sette scienziati membri della Commissione Grandi Rischi.
L’accusa è “negligenza, imprudenza, imperizia” in quanto, in presenza dello sciame di scosse sismiche che da sei mesi interessavano l’intera area, avrebbero fornito alla popolazione informazioni “incomplete, imprecise e contraddittorie” sulla natura, sulle cause, sulla pericolosità e sui futuri sviluppi dell’attività sismica in esame”.
I sette membri della Commissione Grandi Rischi sono il professor Franco Barberi, ex responsabile della Protezione civile degli anni Novanta, Bernardo De Bernardinis, vice capo settore operativo della Protezione Civile, Enzo Boschi, presidente dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti, i professori Gian Michele Calvi e Claudio Eva e Mario Dolci, direttore dell’Ufficio rischio sismico, sempre della Protezione civile.
L’inchiesta è nata dall’iniziativa di varie persone che, parenti di vittime, mettevano sotto accusa la Commissione Grandi Rischi perché, a loro giudizio, avrebbero dovuto mettere in guardia la popolazione dal rischio imminente di un forte terremoto, cosa che non fu fatta.
Anzi, alcuni giorni prima del terremoto Bernardo De Bernardinis, nel corso di una conferenza stampa, invitò la popolazione alla calma e a “bere un bicchiere di Montepulciano”. Giampaolo Giuliani, un tecnico per la verità non provvisto di titoli accademici, aveva previsto un terremoto disastroso per il giorno 29 marzo, che non avvenne, ma che sopraggiunse una settimana dopo.
Il tecnico basava le sue previsioni sull’emissione in abbondanza del gas radon ma nel verbale redatto al termine della riunione dagli esperti della Commissione Grandi Rischi, il professor Barberi scrisse testualmente che “le misurazioni del gas radon ai fini previsionali dei terremoti siano un problema molto vecchio e oramai a lungo studiato, senza arrivare a soluzioni utili”.
In sostanza, il tecnico Giampaolo Giuliani fondava la sua previsione – che, ripetiamo, non ebbe luogo nel giorno previsto – su dati scientificamente non dimostrati. Il fatto che poi il terremoto avvenne alcuni giorni dopo non significa che ci fosse (e ci sia) un rapporto di causa ed effetto.
Il procuratore capo de L’Aquila, in un’intervista a La Stampa, ha dichiarato che gli esperti della Commissione avrebbero dovuto tacere: “Gli scienziati hanno tutto il mio rispetto. Ma la scienza in questo caso non c’entra. L’Aquila sorge su una zona ad elevato rischio sismico, è innegabile. E in posti come questo quando ci sono scosse continue la gente prende la valigia e va via. Io dico che se questi signori non avevano certezze, non dovevano parlare”.
Il procuratore, in sostanza, sostiene che se gli scienziati fossero stati zitti, la gente se ne sarebbe andata via spontaneamente, invece è stata trattenuta dall’invito alla calma. Non sappiamo quali saranno gli sviluppi dell’inchiesta, sappiamo però che si tratta di un argomento molto delicato.
Lasciamo da parte l’invito di Bernardo De Bernardinis alla popolazione a bere un bicchiere di Montepulciano – invito con il chiaro significato di stare calmi e di non lasciarsi prendere da un pericoloso quanto ingovernabile clima di allarmismo – ma la domanda è: si possono prevedere i terremoti?
La risposta, quella degli scienziati di tutto il mondo, dal Giappone dove gli sciami sismici sono la quotidianità agli Stati Uniti, è che i terremoti non si possono prevedere.
Ecco perché i responsabili della Protezione civile hanno rilasciato dichiarazioni di preoccupazione. Guido Bertolaso ha detto: “Vogliono destabilizzare e distruggere la Protezione civile”.
La preoccupazione è che affidarsi alla scienza da ora in poi può comportare rischi, per cui non si sa più cosa fare.
In effetti, vari altri scienziati dicono che ci sono sciami sismici di lieve entità anche in Emilia, ma non per questo si è verificato un terremoto disastroso. Ce ne sono in varie altri parti del mondo e in alcune zone sono la normalità. Non solo.
Lo stesso Giampaolo Giuliani, per aver diffuso la notizia che il 29 marzo ci sarebbe stato un grande terremoto, si è beccato una denuncia per “procurato allarme”.
Insomma, in assenza di una certezza di previsione, succede che se si lancia l’allarme e vengono fatte evacuare decine di migliaia di persone, si rischia di essere accusati di “procurato allarme”, come successe in Carfagnana nel 1985 (e Barberi e Boschi erano tra gli esperti anche allora), se si invita alla calma, come è avvenuto a L’Aquila, si viene accusati per non aver lanciato l’allarme.
È un rebus, specie quando la giustizia insegue gli umori della gente senza un giustificato motivo, al solo scopo, magari, di far dire che si è in sintonia con la gente.
La realtà è che se i terremoti non si possono prevedere, bisogna essere pronti ad ogni evenienza con case e palazzi fatti come si deve. È questo che a L’Aquila non c’era: i palazzi sono stati costruiti con materiali scadenti.
È il loro crollo che ha provocato 300 vittime. Con palazzi fatti bene, quel terremoto non avrebbe procurato nessuna vittima, come normalmente avviene in Giappone, terra di terremoti continui. In questo senso, l’inchiesta rischia di essere solo fumo negli occhi.
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