Ci sarebbero dei colpevoli che hanno agito sui sistemi di sicurezza per evitare la corretta manutenzione
La tragedia che ha coinvolto i passeggeri della funivia di Stresa, che domenica scorsa è precipitata schiantandosi al suolo, avrebbe una motivazione ben precisa: una “forchetta” o “forchettone”, ovvero un divaricatore aggiunto che impediva al freno di emergenza di entrare in funzione.
Ma come è possibile che questa forchetta fosse stata inserita? La risposta non è tardata ad arrivare con l’ammissione da parte dei responsabili e dopo una notte di interrogatori serrati e drammatici, a quanto si apprende dalle fonti ufficiali. Ci sarebbero tre responsabili principali, un ingegnere, un capo operativo e il gestore della funivia, Luigi Nerini, che alla fine degli interrogatori hanno “ammesso” la propria responsabilità per l’incidente alla funivia del Mottarone, come spiega il comandante provinciale dei carabinieri di Verbania, tenente colonnello Alberto Cicognani. “Il freno non è stato attivato volontariamente? Sì, sì, lo hanno ammesso”, dice l’ufficiale dell’Arma su Rai Tre. “C’erano malfunzionamenti nella funivia, è stata chiamata la manutenzione, che non ha risolto il problema, o lo ha risolto solo in parte. Per evitare ulteriori interruzioni del servizio, hanno scelto di lasciare la ‘forchetta’, che impedisce al freno d’emergenza di entrare in funzione”. I tre responsabili ora sono in stato di fermo disposto dal procuratore della Repubblica di Verbania, Olimpia Bossi, che con il pm Laura Carrera coordinano le indagini dei carabinieri. Nei confronti dei tre fermati è stato raccolto quello che il procuratore Olimpia Bossi definisce “un quadro fortemente indiziario”.
L’analisi dei reperti ha infatti permesso di accertare che il ‘forchettone’, ovvero il divaricatore che tiene distanti le ganasce dei freni che dovrebbero bloccare il cavo portante in caso di rottura del cavo trainane, non è stato rimosso. Un “gesto materialmente consapevole”, per “evitare disservizi e blocchi della funivia”, che da quando aveva ripreso servizio, presentava “anomalie”. Pare che da quando era ritornata in funzione, da circa un mese dopo l’anno di blocco a causa del Covid, la funivia aveva subito diversi disservizi per i quali erano stati necessari gli interventi tecnici, uno degli ultimi, il 3 maggio scorso, quando per evitare ulteriori interventi “si è pensato di rimediare” disattivando il sistema di sicurezza, “nella convinzione che mai si sarebbe potuto verificare una rottura del cavo, si è corso il rischio che ha purtroppo poi determinato l’esito fatale”, sottolinea il magistrato, che parla di “uno sviluppo consequenziale, molto grave e inquietante, agli accertamenti svolti”. Le indagini non sono ancora concluse, la procura di Verbania intende infatti “valutare eventuali posizioni di altre persone”.
Nella tragedia sono decedute ben 14 persone, quasi tutti i passeggeri del vagone della funivia, mentre rimane ancora speranza per l’unico superstite, il piccolo Eitan, 5 anni, ancora in prognosi riservata, ma per il quale è iniziato il processo di risveglio all’ospedale infantile Regina Margherita. Il bimbo, dopo una serie di interventi subiti lo stesso giorno dell’incidente, adesso è stabile e sembra esserci ottimismo tra i medici. Pare che il bambino fosse stato riparato dall’abbraccio del padre morto insieme alla mamma e al fratellino più piccolo.
Redazione La Pagina