La tragedia avvenuta di fronte a Lampedusa con l’incendio e l’affondamento di un barcone sovraccarico di 5-600 profughi provenienti dalla Somalia e dall’Eritrea è solo l’ultima e la più drammatica di tante altre tragedie che sono avvenute nel corso degli anni. Se la cifra indicata da Gian Antonio Stella sul Corriere è esatta, con le ultime vittime sono già 19142 le persone che hanno perso la vita in vista della terra che doveva essere la fine di un incubo e che invece si è rivelata la fine dell’esistenza.
Le dimensioni del dramma hanno attirato l’attenzione di politici italiani ed europei, con in testa José Barroso, presidente della Commissione europea, che si sono recati a Lampedusa e che hanno dichiarato che bisogna fare qualcosa per evitare altre tragedie. In Italia molti non hanno trovato di meglio che sostenere l’urgenza di cambiare la legge Bossi-Fini sull’immigrazione. Ora, che la legge debba essere modificata, è chiaro, ma bisogna stare bene attenti a non stravolgerla. Fino a quando si tratta di abolire la norma che parla del reato di favoreggiamento per chi aiuta un clandestino in mare, siamo d’accordo: un aiuto non può essere un reato, specialmente in mare, dove se non si aiuta qualcuno rischia di morire, come è successo a tantissime persone. Questa norma va abolita, ma non vorremmo che fosse cambiato anche il principio che regola tutte le legislazioni europee, compresa la Svizzera, e cioè che – richiedenti asilo a parte – entra e rimane chi è in possesso di un permesso di lavoro, che è la sola garanzia di avere un salario, una casa, una famiglia. In poche parole, di integrarsi. Se, invece, in nome di un vuoto buonismo facciamo entrare tutti, senza garantire nulla, allora non si fa altro che creare più problemi di quanti se ne vogliano risolvere. Dare la colpa di queste tragedie ad una legge è come se un automobilista indisciplinato desse la colpa di un incidente all’asfalto.
Il problema dei flussi migratori provenienti dall’Africa è molto serio e va affrontato senza ipocrisie. C’è un continente, l’Africa, con 800 milioni di abitanti, dove si muore di fame e di violenza. E’ umano e sacrosanto volere sfuggire alla miseria e alla morte. L’Europa non può cavarsela dicendo all’Italia: vedetevela voi. Non è solo una questione di costi. Anche se molti profughi vogliono andare poi in altri Paesi, prima o poi la situazione diverrà insostenibile, perché l’Europa è piccola. Ed allora c’è Frontex, che è un’istituzione dell’Ue fondata nel 2005 con lo scopo di coordinare il pattugliamento delle frontiere esterne aeree, marittime e terrestri degli Stati dell’Unione. Ebbene, finora Frontex è venuta meno ai suoi compiti. Nel 2008 il budget era di 70 milioni e di 26 elicotteri, 22 aerei, 113 navi, nonché attrezzature radar: dire che finora i risultati sono stati deludenti, è affermare un’ovvietà.
Ma il problema è più vasto, perché milioni di esseri umani premono per fuggire dall’Africa. E qui ad essere chiamata in causa è l’Onu. Nel mondo, ma soprattutto in Africa, sono in corso più di 30 guerre. Perché l’Onu, ma anche gli Usa, si sono occupati degli affari interni della Libia, della Tunisia, dell’Egitto, con impiego di notevoli mezzi finanziari, e non delle altre guerre civili esistenti in altri Stati africani? Sarebbe ora che ci si occupi dell’Africa nella sua globalità. Aiutarla vuol dire aiutare noi stessi.
Sono vari i milioni di profughi che premono per fuggire. Certamente ci sono Paesi al mondo già sovrappopolati, come la Cina o l’India, ma ci sono anche Paesi territorialmente grandi come l’Australia o immensi come il Canada, tutti e due ricchi di risorse e sotto popolati. Sarebbe ora che oltre che favorire su larga scala l’uso degli anticoncezionali per evitare sovrappopolazione e mettere in atto politiche di sviluppo in Africa, si cominciasse anche ad organizzare i flussi verso Paesi ricchi, grandi e sotto popolati.