Per il fratello di Paolo Borsellino “questa sentenza vuol dire che in Italia non c’è giustizia”. “Mio fratello è morto per niente”
Assoluzioni e riduzioni delle pene sono state il risultato della sentenza dei giudici di Palermo nel processo sulla “trattativa stato-mafia”. Secondo quanto espresso dalla Corte d’assise d’appello di Palermo, viene assolto l’ex senatore Marcello Dell’Utri “per non avere commesso il fatto” e gli ex generali del Ros Mario Mori e Antonio Subranni “perché il fatto non costituisce reato”, ribaltando la sentenza di primo grado del processo su quei dialoghi segreti che uomini dello Stato avrebbero intrattenuto con i vertici di Cosa nostra durante la stagione delle stragi, fra il 1992 e il 1993.
Viene anche ridotta la pena a 27 anni per boss Leoluca Bagarella, mentre al medico Antonino Cinà la pena è stata confermata a 12 anni. Dichiarate prescritte le accuse al pentito Giovanni Brusca.
Si aspetta la pubblicazione delle motivazioni, ma si possono già leggere primi commenti, fra tutti quello di Marcello dell’Utri che ha commentato a caldo, in una telefonata con Bruno Vespa a Porta a Porta: “Io questo processo non l’ho neanche seguito. Mi sono sentito, quando sono andato a Palermo all’udienza, come un turco alla predica, non capivo di cosa stessero parlando. Questa cosa era inesistente però purtroppo avevo paura che potessero avallare queste cose inventate servendosi dei soliti pentiti che hanno bisogno di dire cose per avere vantaggi, e di molta stampa che affianca le procure e soprattutto la procura di Palermo. Questo mi preoccupava, ma speravo intimamente nell’assoluzione”. Se per l’ex senatore Dell’Utri si tratta di un “film, una cosa inventata totalmente”, dall’altro lato questa sentenza invece “vuol dire che in Italia non c’è giustizia”, come ha commentato all’Adnkronos Salvatore Borsellino, fratello del giudice antimafia Paolo. “È l’ipotesi peggiore che potessi immaginare. Aspetto di leggere le motivazioni, tuttavia la sentenza, con la condanna di Bagarella e Cinà, conferma che la trattativa c’è stata, l’assoluzione di Mori e De Donno vuol dire che quella trattativa non costituisce reato”. “Bagarella e Cinà non possono aver fatto la trattativa da soli – continua Borsellino che si dice amareggiato per queste assoluzioni, con le quali – si afferma che il fatto che lo Stato tratti con l’anti-Stato non è reato e questo vuol dire che mio fratello è stato sacrificato per nulla. Si ammette che sull’altare di una trattativa, che io continuo a definire scellerata, è stata sacrificata la vita di un servitore dello Stato come Paolo Borsellino, che è stato ucciso perché si è opposto a questa trattativa. Questo significa che mio fratello è morto per niente”, conclude.
La Corte ha fissato in 90 giorni il termine per il deposito delle motivazioni.
Redazione La Pagina