Un quinto dei rifiuti svizzeri è riciclabile, di cui due terzi sono biologici, nettamente aumentati dal 2002. La tassa sul sacco resta lo strumento più incisivo per ridurre la quantità
Attualmente è di 1.6 milioni di tonnellate la quantità annua di rifiuti domestici generata dagli svizzeri che finisce negli inceneritori. Questa cifra corrisponde a un aumento dell’8% rispetto a dieci anni fa. Nei rifiuti domestici sono finiti molti materiali riciclabili. Si tratta di un quinto (340.000 tonnellate), di cui due terzi sono costituiti da rifiuti biologici come derrate alimentari, carne e pesce, scarti alimentari e rifiuti da giardino, pari a 251.000 tonnellate, 30 chili per persona. Sono i dati tratti dallo studio ”Analisi della composizione dei rifiuti 2012” presentato dall’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM), che dal 1982 fruga ogni dieci anni nei sacchi della spazzatura con l’obiettivo di analizzare la composizione dei rifiuti. Per l’indagine è stato analizzato il contenuto dei sacchi di rifiuti di 33 comuni ed è stata suddivisa in 18 frazioni.
Il dato che più ha sorpreso il direttore dell’UFAM Bruno Oberle è l’aumento rapido di prodotti alimentari che finiscono nella spazzatura. Con il 32.2% i rifiuti biogeni rappresentano la parte principale. Nella pattumiera finiscono scarti alimentari e prodotti intatti o consumati parzialmente. Le derrate alimentari rappresentano il 15%, dei quali lo 0.9% è costituito da carne e pesce freschi, gli scarti alimentari (non commestibili) sono il 13.5%, mentre i rifiuti da giardino (vasi, erba, fiori) il 3.5%. “La gente deve rendersi conto di quanto materiale c’è per farci più attenzione”, spiega Oberle. La quantità dei prodotti alimentari nella spazzatura domestica è solo una parte dello spreco totale. Se si considerano i rifiuti dell’industria, dell’agricoltura e della gastronomia circa un terzo (sopra i 2 milioni di tonnellate) degli alimenti viene buttato via.
Il resto dei rifiuti è composto da carta con il 13.5% pari a 220.000 tonnellate, delle quali un quarto (soprattutto i giornali) avrebbe potuto essere riciclato. Lo stesso vale per il cartone con il 3.8% (63.000 tonnellate). Rispetto all’ultima indagine (2002) la quota di carta e cartone è diminuita del 2.7%. La quota della plastica è dell’11%, di cui 8000 t di bottiglie in PET, e il 19% sono materiali compositi, mentre il restante 21% è composto da altri rifiuti, come apparecchi elettronici o legno.
L’indagine mette anche in evidenzia le differenze geografiche e tra i comuni che applicano o meno la tassa sul sacco. Nei comuni di campagna si registra un volume di rifiuti di gran lunga inferiore alla media, mentre il più elevato si registra in quelli a vocazione turistica. Dunque è determinante e incisivo per la composizione della spazzatura, il sistema di tassazione sul sacco. Nei 33 comuni rappresentativi presi in considerazione la quantità di rifiuti è in media di 184 chili pro capite. I comuni che riscuotono la tassa, con 170 chili, smaltiscono in media 82 chili in meno di quelli senza tassa (252 chili). Le opportunità della raccolta differenziata vengono meglio sfruttate nei comuni dove si applica la tassa e nei sacchi dei rifiuti finiscono meno vetro, carta, cartone e elettronica.
Quello della tassa sul sacco resta un tema sensibile. Circa il 20% della popolazione abita in comuni senza tassa sui rifiuti. L’UFAM stima che ogni anno si potrebbero riciclare molte più tonnellate di materiali che finiscono nella spazzatura, se s’introducessero anche in questi comuni sistemi di tassazione. Potenziare ulteriormente la raccolta differenziata e la riutilizzazione delle sostanze riciclabili è un obiettivo del Consiglio federale, che nel marzo 2013 ha varato il piano d’azione “Economia verde” che prevede misure anche nell’ambito “Rifiuti e materie prime” come ad esempio l’aumento dell’efficienza degli impianti per rifiuti.