Sono oltre 6000 le persone uccise in Ucraina orientale dallo scoppio degli scontri nell’aprile 2014. Lo ha dichiarato oggi l’Alto commissario Onu per i diritti dell’uomo lanciando il suo nono rapporto sulla situazione nel Paese.
Secondo il documento, diffuso nel giorno dell’incontro a Ginevra tra il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e il segretario di Stato Usa John Kerry, per discutere proprio della crisi nel Donbass, l’escalation delle violenze nelle ultime settimane, in particolare vicino all’aeroporto di Donetsk e nella zona di Debaltsevo, ha provocato centinaia di morti, sia civili che militari.
A dispetto dei successivi cessate il fuoco, “oltre 6.000 vite sono state perdute in meno di un anno a causa dei combattimenti nell’Est dell’Ucraina”, ha detto l’alto commissario Zeid Raad Al Hussein in un comunicato, denunciando una “spietata devastazione dei civili e infrastrutture”, dove “donne, bambini, vecchi e gruppi vulnerabili sono particolarmente colpiti”. E anche la condizione delle persone rimaste nelle zone controllate da gruppi armati, ha aggiunto, è diventata “insostenibile”.
Il rapporto denuncia inoltre arresti arbitrari, torture e sparizioni forzate commesse principalmente dai gruppi armati, ma anche, in alcuni casi, da parte delle forze ucraine. Si evidenzia anche la situazione particolarmente difficile delle centinaia di migliaia di sfollati a causa del conflitto. “È indispensabile che tutte le parti rispettino le decisioni degli accordi Minsk e cessino i bombardamenti indiscriminati e le ostilità che hanno creato una situazione orribile per i civili, in flagrante violazione delle legge umanitarie internazionali e dei diritti dell’uomo” , ha detto l’Alto Commissario.
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