Una marea di donne, ma non solo, il giorno di san Valentino, hanno ballato per dire “no alla violenza”
Nel 1998 fondò V-Day, l’organizzazione non governativa (ong) che diffondeva e rappresentava nel mondo i “Monologhi”, tra cui quello che s’intitola “I monologhi della vagina”, pièce che promuovono la dignità della donna attraverso il contatto con le singole realtà. V-Day raggruppa organizzazioni e associazioni locali che lanciano iniziative invitando tutti, ma in particolare donne, a lottare contro stupri, violenze domestiche, femminicidio (in Italia nel 2012 sono state ammazzate 118 donne tra le pareti domestiche), mutilazioni genitali, schiavitù sessuale, cultura della prevaricazione maschile. Lei, l’autrice, è Eva Ensler, che per il giorno di san Valentino ha promosso l’iniziativa “One Billion Rising”, Un miliardo insorge”, che ha raccolto l’adesione di 202 Paesi, più di 5.000 associazioni, ong e istituzioni varie, sotto lo slogan “Un miliardo di donne stuprate sono un’atrocità, un miliardo di donne che ballano una rivoluzione”.
Sì, perché “One Billion Rising” è una chiamata a raccolta delle donne nelle piazze delle città di tutto il mondo che protestano ballando, quindi pacificamente e divertendosi, che è un modo intellettualmente e culturalmente valido per festeggiare la festa di san Valentino. Facile, si dirà, l’invito alle donne di radunarsi a ballare nelle piazze delle città occidentali, più difficile farlo nelle città orientali, in quelle africane, nel Medio Oriente, nei Paesi musulmani, dove la donna non può nemmeno andare in giro da sola. E’ proprio questa la grande sfida. Non c’è conquista senza sforzo, senza una lotta spesso molto dura contro chi, invece, lotta sotto terra, nascondendosi, per mantenere privilegi e ingiustizie.
Il numero dello slogan, un miliardo, non è preso a caso. Siccome la popolazione mondiale veleggia verso i 7 miliardi e siccome una donna su tre nel corso della sua vita ha subito violenza almeno una volta (per essere ottimisti), allora viene fuori che un terzo di 3 miliardi e passa di donne si aggirano sul miliardo. Ecco, è questo miliardo che viene invitato a scendere in piazza pacificamente, ballando, secondo la tradizione africana, il continente dove più che nel resto del mondo la violenza è all’’ordine del giorno.
La protesta delle donne in India ha fatto da detonatore, la ragazza stuprata da un branco sul pullman e poi gettata dal finestrino dell’autobus in corsa ha fatto emergere una situazione intollerabile, di cui la politica non si occupava nemmeno, tanto era normale che ciò avvenisse. Ebbene, la protesta in India si è saldata con l’iniziativa di Eva Ensler e ha diffuso su scala mondiale la protesta stessa che, per non essere esposta a recriminazioni, a contestazioni, a repressione, ha assunto toni e modi improntati al pacifismo, alla non-violenza, al dialogo.
Ecco la testimonianza di Eva Ensler: “Il Congo, dove ho trascorso molto tempo, è una realtà devastata da 17 anni di guerra civile in cui sono morte 7 milioni di persone e milioni di donne sono state stuprate, torturate, uccise. Ho visto cosa succederebbe se permettessimo alla violenza di continuare”. A dimostrazione che la violenza va oltre i confini di un Paese c’è che avviene dappertutto, indipendentemente dalla cultura, dalla razza, dalla religione. E ha aggiunto: “In Africa ho visto donne tra le più forti del mondo alzare l testa, unirsi e insieme cercare di uscire dalla caverna del patriarcato nella quale sono costrette. Sono capaci di trasformare il dolore in forza. In India ho partecipato alle manifestazioni di indignazione seguite alla morte della ragazza di Delhi stuprata dal branco, e tante donne che marciavano mi hanno confessato commosse di sentirsi per la prima volta libere e unite. E mi sono resa conto di cosa significherebbe se un miliardo di donne in tutto il mondo si mostrassero al mondo libere e combattive, tutte insieme”.
Prima del 14 febbraio aveva detto: “Sarà qualcosa di mai visto prima”. Dopo ha potuto dire: “E’ stato qualcosa di mai visto prima”. Più di un miliardo, uomini compresi, 10 in Angola, ma milioni altrove, in genere a ballare sulle note di “Breack the Chain”.