La Svizzera riesce a trovare lo “spazio” per ospitare il primo parlamento svizzero dei rifugiati. L’evento ha avuto luogo domenica a Berna, dove si sono incontrati circa 75 rifugiati provenienti da 19 cantoni e 15 paesi per avanzare varie proposte atte a migliorare la loro situazione. Promosso dal National Coalition Building Institute (NCBI), un’associazione attiva in diversi paesi e che è «impegnata nella lotta contro la violenza e la discriminazione», l’incontro ha permesso di affrontare diverse situazioni riguardanti la problematica dei rifugiati tra le quali, in modo particolare, le visite familiari nello spazio Schengen per le persone ammesse provvisoriamente come profughi, un migliore accesso alla formazione e la possibilità di completare l’apprendistato per coloro le cui domande di asilo sono state respinte. Si è espressa preoccupazione per quanto riguarda la situazione dei bambini che risultano discriminati in termini di educazione, salute e vita familiare a causa del loro status di residenza. Per esempio, per quanto riguarda l’istruzione che viene negata in determinati casi e in alcuni cantoni a quei bimbi con la richiesta di asilo in corso di procedura d’esame (permesso N) e quelli che sono stati respinti, contravvenendo in questo modo alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia, nella quale l’istruzione è un diritto fondamentale e non può quindi essere fortemente legato al tipo di permesso di residenza.
I rifugiati spesso sono considerati una categoria e non vengono trattati da singoli individui con le proprie esigenze e i propri diritti. Secondo l’NCBI, infatti, si parla troppo spesso di rifugiati senza che essi possano esprimere il loro punto di vista.
Una delle richieste riguarda il fatto che l’assistenza sociale e il sostegno all’integrazione e all’istruzione dei rifugiati siano trattati separatamente e attraverso un’agenzia indipendente. Inoltre, durante l’incontro, il Parlamento dei rifugiati ha anche votato a favore dell’estensione del ricongiungimento familiare ai genitori di bambini già in Svizzera. All’evento erano presenti i rappresentanti di Caritas, Terre des Hommes Svizzera e Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), insieme ai membri del Consiglio degli Stati e del Nazionale che faranno da portavoce delle proposte in parlamento. “Come madre, mi sento colpita quando apprendo che un bambino che ha dovuto fuggire non ottiene gli stessi diritti”, ha commentato la consigliera degli Stati Lisa Mazzone (Verdi/GE) per la quale “ci deve essere un incontro tra il parlamento dei rifugiati e quello federale”, poiché troppo spesso si vota senza che tutti i parlamentari sappiano come si presenta effettivamente la situazione dei rifugiati, ha aggiunto Mazzone. Il consigliere nazionale Andri Silberschmidt (PLR/ZH), anche lui presente all’evento, ha posto l’attenzione sull’istruzione e l’apprendistato che “deve poter essere completato, indipendentemente dalla decisione sulla richiesta di asilo, così abbiamo votato in Consiglio nazionale”. I risultati di ciò che si è discusso in questa prima riunione saranno presentati pubblicamente il 21 giugno
A proposito di rifugiati e del programma di reinsediamento
La Svizzera, da numerosi decenni, fa del reinsediamento una delle componenti fondamentali della politica svizzera in materia di rifugiati. Proprio il mese scorso il Consiglio federale ha approvato il programma di reinsediamento 2022-2023 in cui è stato dichiarato che la Svizzera ammetterà nel prossimo biennio fino a 1600 rifugiati che si trovano in una situazione precaria nei Paesi di prima accoglienza. Almeno il 90% dei rifugiati da reinsediare – ovvero trasferire i rifugiati bisognosi di particolare protezione provenienti da un Paese di prima accoglienza verso un altro Paese, dove potranno stabilirsi durevolmente – dovranno essere “persone in fuga da conflitti gravi e da persecuzioni personali in Medio Oriente e lungo la rotta migratoria del Mediterraneo centrale verso l’Europa”, in modo particolare la Confederazione si concentrerà su 3-5 Paesi di prima accoglienza. Mentre il 10% dei posti invece potrà essere utilizzato per gruppi di rifugiati il cui bisogno di protezione e di reinsediamento risulta da situazioni impreviste e che si trovano al di fuori dei Paesi ospitanti identificati. Oltre al numero del biennio 2022-2023, si dovrà aggiungere un gruppo di massimo 300 rifugiati del biennio precedente (2020-2021) che, a causa dell’emergenza Covid, non è stato possibile ammettere nel quadro del programma.
Redazione La Pagina