Caro Direttore,
Un saluto, anche da parte nostra, al gentile Console Paolucci, il quale si appresta a lasciare la sede di Basilea dopo tre anni di onorato servizio (‘‘Console Paulucci: il saluto ai connazionali” pubblicato su La Pagina). Intorno al messaggio del Console, vorremmo formulare, caro Direttore, alcuni modesti commenti, pur critici, certamente, e, forse, persino severi, ma ispirati tuttavia da un intento costruttivo.
Nel leggere infatti le considerazioni del Console, ci è sembrato che il dr. Paolucci abbia tenuto in fondo a parlare bene di se stesso, sia pure, certo, per accenni e in maniera per lo più indiretta, formulando perciò un giudizio lusinghiero – ci sembra – sul proprio valore, giudizio che dovrebbe spettare, a rigore, ai connazionali e agli utenti di quell’ufficio consolare. Che dicono infatti i connazionali sul lavoro dell’Ufficio di Basilea?
Nel contesto del messaggio, colpisce però l’assenza di indicazioni circostanziate sui risultati finora conseguiti, manca cioè una sintesi, corredata di numeri convincenti, tali da corroborare la positiva impressione che il Console tiene in qualche modo a diffondere.
Per altro, l’assenza di indicazioni concrete sembra riguardare, più o meno, l’insieme degli uffici consolari attivi in Svizzera, che, solitamente danno te poche informazioni, per esempio, sull’esatto ammontare dell’arretrato di lavoro, sulle liste e sui tempi di attesa, sui progetti, se ve ne sono, di riorganizzazione e di velocizzazione del lavoro consolare.
Gli impedimenti e i ritardi, che si registrano particolarmente nei settori più richiesti dal pubblico – il libero accesso agli uffici, il rilascio dei passaporti e delle carte di identità, le domande di cittadinanza italiana -, suggeriscono, nella nostra impressione, non poche domande, che riterremmo utile poter discutere, non appena possibile, cogli stessi Consoli. Cosa impedisce, per esempio, di escogitare delle soluzioni immediatamente operative (soluzioni, si badi bene, di portata microeconomica e non macroeconomica, di impatto organizzativo più che giuridico o economico) col fine appunto di superare i gravi ritardi sopra accennati?
Nonostante le suddette riserve, ci preme esprimere il nostro apprezzamento per il valoroso dialogo che il dr. Paolucci è venuto intrattenendo con i connazionali residenti a Basilea e in Svizzera, in ciò distinguendosi significativamente – ci sembra- dagli altri Consoli, i cui messaggi per lo più hanno il timbro delle circolari e delle istruzioni per gli utenti.
Pur congratulandoci dunque sinceramente col Console a Basilea, non possiamo trattenerci dal muovergli un ulteriore, benevolo rimprovero. Nel suo messaggio d’addio, egli infatti afferma testualmente: ”Il Consolato è ‘una realtà da vivere’: abbiate il coraggio, care e cari connazionali, dei vostri doveri”.
Non se ne abbia a male l’interessato, se ci permettiamo di osservare che siffatta affermazione è priva di senso e suona persino ridicola. Che significa il virgolettato ”una realtà da vivere”? E, inoltre, come si fa a dire ai connazionali ”abbiate il coraggio dei vostri doveri”? Noi invece pensiamo che spetti al Console e agli impiegati del Consolato di dare prova di coraggio. Tuttavia, sarebbe meglio evitare siffatte affermazioni: sanno troppo di retorica.
Con i saluti più cordiali,
Maurizio Raviola
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