Entrare nei 95.000 metri quadri della fiera di Verona, il famoso salone internazionale del vino e dei distillati “Vinitaly” (dal 25 al 28 marzo), con i suoi dodici padiglioni occupati dai produttori di vino provenienti da tutta Italia e non solo (ben 4.321 quest’anno), confondersi con le migliaia di visitatori (sono stati 156.000 nella passata edizione 2011), è stata una sensazione intrigante, assolutamente coinvolgente e, da subito, inebriante.
Dal momento che non è possibile assaporare tutte le proposte enologiche in esposizione, ipotizziamo un percorso ideale e personale. Come non cominciare dalle famose bollicine? La nostra partenza è dalle cantine di Franciacorta per cercare le bollicine più piccole e persistenti che danno la migliore qualità di spumante. Interessante il Brut (vino spumante o champagne dal sapore secco) di Vignenote, con un retrogusto di liquirizia scaturito dalla conservazione in barili di rovere, ed inoltre il raffinato Millesimato (vino spumante ottenuto dalla raccolta di un determinato anno per l’eccezionalità dell’annata o per alcune peculiarità che si desiderano evidenziare) della cantina Ca’ del Bosco. Una gradita conoscenza con Ciro Moccia ci permette di assaporare un paio di prelibatezze del suo pastificio artigianale di Gragnano, da tre generazioni produttore di pasta dalle forme e dalle dimensioni più sorprendenti, vere opere d’arte frutto della fantasia e della atavica sapienza napoletana. Spostandoci in altri padiglioni incrociamo, per la prima volta al Vinitaly, la distilleria bassanese Bortolo Nardini, maestri della grappa dal 1779, nel cui stand ci viene offerto il cavallo di battaglia della grapperia al ponte Vecchio di Bassano, cioè il tradizionale “aperitivo Nardini”. La curiosità ci porta nel Friuli, terra di grandi vini, tra i quali preferiamo i bianchi. Evitando i barricati, che a nostro avviso alterano gli aromi originali del vino, assaggiamo ottimi Prosecchi,Pinot, Sauvignon e Chardonnay e ovviamente il “Friulano”, nuova denominazione del Tokai. Una menzione per la sua produzione enologica pluripremiataè la Cabert, azienda di Bertiolo (Udine), piccolo borgo agricolo, centro dell’atavico Grave del Friuli.
Dai bianchi friulani, l’istinto ci spinge verso un’altra eccellenza: i rossi piemontesi. Nel tragitto ci imbattiamo felicemente nelle cantine veronesi Allegrini dove facciamo decantare ed ossigenare un eccellente Amarone, rotando il grande calice per fargli sprigionare appieno la sua essenza. Ci inoltriamo poi scientemente tra i prodotti enologici, dalla prepotente personalità, dei vignaioli di Sicilia. In particolare ci è piaciuto il robusto Cirò rosso dell’azienda Alibrandi e l’intenso ed aromatico Cerasuolo di Vittoria delle cantine A. Pontelli, una nostra vecchia e sempre apprezzata conoscenza. Eccoci arrivati infine in Piemonte tra Barbera, Dolcetto, Grignolino e, soprattutto, Nebbiolo, il nobile vitigno capace di produrre, tra i migliori vini rossi italiani, il Barolo ed il Barbaresco. È evidente l’origine del nome dalla nebbia, a ricordare proprio il freddo e brumoso autunno che caratterizza le colline piemontesi. Quest’uva dal colore porpora scuro, che matura tardi ed ha una buccia molto spessa, produce vini corposi, solidi e potenti. Vino, il Nebbiolo, che ha tutte le caratteristiche per invecchiare, raggiungendo spesso i vent’anni di età. Non è presente in questa edizione l’azienda agricola Adriano Fratelli, il cui Barolo della tenuta di Pianpolvere è sempre stato nella nostra cantina di famiglia. Abbiamo comunque trovato la grande qualità del vino, con il caratteristico e gradevole “fin di bocca”, in altre cantine, dalla cooperativa Vallebelbo ai celeberrimi Marchesi di Barolo e cantine Gaja. Mentre passeggiamo tra glistand, facciamo i più svariati ed interessanti incontri, dalla mitica Ferrari n. 27 di Jaques Villeneuve, al grande cantautore Al Bano che, davanti al proprio stand Tenuta Carrisi, alla fine della giornata ha intonato per pochi intimi acclamati cenni delle sue famose melodie. Il tempo stringe e, prima di essere cacciati (essendo ormai giunta sera) da quel meraviglioso labirinto di profumi, colori e sapori (sempre più sfumato, dato il grado alcolico ormai raggiunto), abbiamo assaggiato il panettone di Dario Loison, pasticcere che ha ideato nuovi orizzonti per il prodotto che dal 1938 viene sfornato dalla “bottega di famiglia”, arricchendolo con intriganti sapori e proponendolo in diverse interpretazioni. Con una fetta dell’”insolito panettone” andiamo quindi a concludere l’eclatante esperienza gustosensoriale di “Vinitaly” con uno spumante dolce, prediligendo la lussureggiante Malvasia prodotta dai Silattari di Bosa (Sardegna), medaglia d’argento e di bronzo in precedenti concorsi enologici internazionali Vinitaly.
Diego D’Agostino