Ammirevole gesto del giocatore del FC Barcelona, Dani Alves, ma ennesima dimostrazione che il razzismo esiste, eccome!
Tanti credono che nel ventunesimo secolo in Europa il razzismo non sia un problema, ma la realtà è tutt’un’altra: frasi e pregiudizi ci circondano quotidianamente! Che il razzismo non si ferma neanche davanti allo sport è una realtà purtroppo conosciuta. Non sarà sfuggita a nessuno la partita del FC Barcelona contro FC Villarreal, non per forza per la partita, ma per quello che è accaduto durante il gioco. Qualcuno ha lanciato sul campo del gioco una banana a Dani Alves, difensore del Barcelona e della nazionale brasiliana. Il gesto ammirevole di Alves ha commosso il mondo intero, perché invece di arrabbiarsi, tranquillamente ha mangiato la banana e ha continuato a giocare. E non finisce qui. «Il gesto con la banana? Sono in Spagna da 11 anni – ha spiegato Alves – e queste cose accadono da quando io sono qui. Ma penso che bisogna ridere di questi ritardati mentali. Non so chi l’abbia tirata, ma devo ringraziarlo perché mi ha dato l’energia per fare poi due cross che ci hanno fruttato altrettante reti». E ancora: «Quel tifoso mi ha aiutato: ricordo che quando ho cominciato a giocare mio padre mi diceva sempre di mangiare banane perché così avrei evitato i crampi. Come hanno fatto a indovinarlo?». La reazione di Alves che ha preso la situazione con tanto umorismo ha dato il via ad una vera e propria campagna contro il razzismo su internet. Sono in migliaia le persone che hanno pubblicato, su tutti i social network possibili, selfie (autoritratti) mangiando o con in mano una banana. Tra le persone ci sono vari colleghi di Alves, altri giocatori, star, e anche qualche politico, come Renzi che si è fatto fotografare insieme al ct Prandelli con in mano una banana, aderendo così alla campagna.
Nel 2010 si è tenuta a Vienna la presentazione di uno studio sui 27 stati della Comunità europea, effettuato dall’Agenzia dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Lo studio trattava della discriminazione etnica nello sport e il risultato era: il razzismo si sente, eccome. Si parlava di Mario Balotelli, il “bad boy” del calcio italiano, vittima di discriminazione razziale, ma come si vede “i Balotelli d’Europa” si trovano dappertutto. La Comunità ha parlato di tanti casi, diversi e tutti anonimi: “C´è il manager gitano che non può più allenare in Slovacchia, il golfista asiatico che non riesce a partecipare ad un torneo inglese, l´atleta africano abituato a raccogliere le banane sulla pista”.
Il razzismo nello sport sarebbe però la faccia della società: “Questo mondo riflette la società e il nostro incontro lo conferma – ha detto Massimo Toschi, responsabile del meeting di Vienna – Se aumenta il razzismo attorno a noi, cresce anche nello sport”. Il direttore dell’Agenzia per i diritti fondamentali Morten Kjaerum ha proposto qualche soluzione per i “buuh”: “Le società fermino le partite senza pensarci un attimo. Perderebbero a tavolino? Pazienza: comincerebbe a vincere la battaglia contro il razzismo”. La reazione di Alves è stata spontanea, ma con grande effetto. «La mia reazione è stata puramente spontanea. È stata incredibile, un’azione che ho fatto senza pensare alle conseguenze. Ho parlato di cose simili con i miei amici, però, pensandoci bene dovremmo iniziare una campagna. Se potessi, metterei una fotografia del tifoso su internet, in modo che si senta umiliato per quello che ha fatto. Così non potrebbe più mostrare il suo volto in qualsiasi stadio», ha concluso Alves.
Il gesto della banana mostra ancora una volta che di lavoro contro il razzismo ce n’è ancora tanto, ma la solidarietà manifestatasi su internet con i selfie ha mostrato anche che sono in tanti che la pensano ben diversamente.