La tesi di un libro intitolato “Chi c’è nel tuo piatto” è oggetto di accesi dibattiti soprattutto in America
Due mesi fa, in America, è uscito un libro scritto da Jeffrey Moussaieff Masson, ex psicanalista e autore di vari libri sulla psicologia animale.
Il libro, che s’intitola “Chi c’è nel tuo piatto”, sviluppa, con dovizia di dati, una tesi che ha del paradossale, perché mette a confronto una mucca e un’automobile e arriva alla conclusione che tra i due la mucca inquina di più.
Detto così, potrebbe venir preso per matto, e invece il libro è venduto in decine migliaia di copie, anche perché il dilemma, tutto moderno, se rinunciare alla carne per convertirsi alla dieta vegetariana sta facendo molti proseliti, specialmente tra coloro che poi fanno opinione o che, come gli attori e i cantanti, vengono imitati su larga scala da un pubblico che dipende dalle loro avventure o sventure.
Una volta messe le carte in tavola e dichiarata la scelta vegetariana, l’autore non si perde in sentimentalismi – tipo la sofferenza degli animali, il loro grido di dolore quando vengono portati al macello, il loro destino infame, la crudeltà con cui vengono trattati – ma entra direttamente nel merito dell’inquinamento con un dato che è difficile smentire e che pertanto bisogna prendere per buono: la popolazione mondiale umana si attesta sui sei miliardi di persone, quella di mucche e maiali (la cifra si riferisce solo a loro) è di 2 miliardi e 500 milioni.
L’altro dato è che le mucche e i maiali sono poco meno della metà degli esseri umani, ma producono almeno il triplo di escrementi.
Ecco la prima, provvisoria conclusione: l’uomo e l’ambiente rischiano di essere sommersi dalla cacca dei bovini e dei suini.
Nei dettagli: contro i 30 milioni di tonnellate di escrementi umani si innalza una montagna di 80 milioni di tonnellate di escrementi suini e bovini.
È come mettere a confronto il Gran Sasso d’Italia (metri 2914) e l’Everest (metri 8810). Se, disgraziatamente, un terremoto dovesse far franare la montagna di rifiuti bovini e suini ci sarebbe un’ondata apocalittica con milioni di morti.
Fin qui, però, la contro tesi ha argomenti inoppugnabili: gli escrementi di questi eroici animali non finiscono in una montagna ma vengono spalmati su milioni di chilometri quadrati di superficie terrestre e servono per rendere il terreno più fertile. Finiscono non per seppellire l’uomo, ma per tornargli di utilità con la quantità di prodotti ricavati.
Il problema viene dopo, quando nel libro, dopo aver paragonato gli allevamenti intensivi a dei veri e propri campi di concentramento, come Dachau, si passa ad elencare i prodotti che si usano in questi allevamenti e che sono farine non proprio salutari, ormoni e antibiotici, per limitarci a quello che è già noto.
Tutte queste sostanze, entrando in relazione e in interazione con bovini, suini ed altri animali che condividono lo stesso loro destino, cioè polli, galline e magari cavalli, sono una enorme centrale di produzione di metano a cielo aperto.
Dunque, la tesi dell’utilità del letame non è valida al cento per cento, scricchiola di fronte all’evidenza del metano che si sprigiona dal letame nonché dai mal di pancia dei poveri animali che certo non capiscono che bisogna trattenersi, per quanto, dal loro punto di vista, non ne valga nemmeno la pena.
E ancora non basta. Nel libro si dimostra che oltre alla produzione del 20% di tutto il metano che si disperde nell’atmosfera gli animali, come dire, da tavola, sono responsabili anche del 64% dell’ammoniaca vagante, per cui tutto si traduce in piogge acide che finiscono per cadere sulle nostre teste e bagnare i prodotti del sottosuolo che poi mangiamo. Siamo più o meno a metà delle argomentazioni. Infatti, segue poi la constatazione che per mangiare una bistecca sono necessari diecimila litri di acqua, che poi si trasformano in urine contaminate da ormoni e antibiotici e che finiscono per avvelenare le falde acquifere che sono anche per noi una fonte di idratazione. Insomma, gli animali ammazzati si vendicano come possono. La mucca pazza ne è un esempio, l’influenza suina ne è un altro, senza contare quelle cause meno evidenti che fanno ammalare milioni di persone nel mondo trascinandone parecchie al cimitero.
Chi vive poi nei pressi degli allevamenti industriali ha maggiori possibilità di contrarre malattie che vanno dall’asma alle allergie, dalla depressione alla rabbia: sì, la rabbia.
C’è una causa ben precisa ed evidente: le polveri sollevate da mandrie e da altri animali che si agitano. Sono le cosiddette particelle invisibili.E poi un’altra, amara constatazione: il numero dei bovini e suini tende ad aumentare, perché la fame nel mondo è grande e popolazioni povere reclamano la loro parte di carne. Per finire, un’altra ancora più amara constatazione: la percentuale di anidride carbonica prodotta dagli allevamenti supera quella prodotta da auto, treni, aerei e navi messi insieme. Sembra incredibile, ma pare sia vero.
C’è un’ultima annotazione, fatta però da noi, ed è una domanda: ma allora, conviene uccidere tutti questi animali, non farne nascere di altri e chiudere tutti gli allevamenti, a rischio di milioni di posti di lavoro in meno e della privazione del gusto di una bella bistecca alla fiorentina? Ognuno si dia una risposta mettendosi, come si dice, una mano sulla coscienza.
2 commenti
ma che razza di imbecille e’ questo scrittore che dice che una mucca inquina piu’ di auto?
A questo CRETINO immenso si dovrebbe dire quando ha fame di concimare le patate con i rottami di automobili.
Ma perche’simili imbecilli possono scrivere Libri?
L’unico sterco inutile e’ quello che produce lui col suo cervello inutile.
Un saluto e , amico se mi leggi, vai a nasconderti, dammi retta.
Ciao.
Rudy
Imbecille sei tu caro Rudy, e per colpa di imbecilli come te il 26 di Ottobre ci sono 18 gradi e sto crepando dal caldo perché il povero pianeta si sta ribellando, non riesco piu’ ad essere tollerante nei confronti di ignoranti ottusi come te.