Novità dalle analisi dei circa quattromila Dna tra la popolazione di Brembate di Sopra
Mancano pochi giorni al 26 novembre, data in cui un anno fa fu rapita e uccisa a Brembate di Sopra Yara Gambirasio, ritrovata morta esattamente tre mesi dopo, il 26 febbraio 2011, in un campo a dieci chilometri di distanza dal suo paese, ma dell’assassino non c’è ancora nessuna traccia. All’indomani del ritrovamento del cadavere furono eseguite le analisi sul corpo della ragazza, analisi che hanno portato al rilevamento di una traccia biologica sul suo slip. Ovviamente, il fatto che la ragazza sia rimasta per tre mesi all’aperto, sotto la pioggia e la neve, ha fatto sì che alcuni rilievi siano stati cancellati, ma la traccia rilevata ha fatto sperare che si potesse arrivare all’assassino. Invece niente. Sono stati analizzati circa 4 mila Dna appartenenti a persone di Brembate e dintorni ma nessuno è compatibile con la traccia ritrovata. La pista, comunque, non è esaurita. Ce ne sono, infatti, 316 che hanno degli elementi in comune, il che fa pensare che l’assassino possa essere qualcuno che a Brembate abbia legami di parentela. Le analisi, dunque, costituiscono una pista che va approfondita. Nei giorni scorsi si è parlato di un italiano come di un possibile autore del delitto, ma non c’è nulla di certo, secondo le dichiarazioni degli inquirenti. È comunque assai difficile arrivare con certezza al nome dell’assassino. Adesso le indagini si stanno orientando verso i parenti, anche quelli lontani delle persone i cui Dna hanno punti in comune. Come si può immaginare, il cammino è lungo e complesso e, a meno che non avvenga un miracolo, non si arriverà a nulla di preciso prima di alcuni mesi. Indiscrezioni provenienti dall’ambiente degli inquirenti, invece, parlano di tempi più brevi, anche perché esisterebbe un profilo genetico che si riferisce a delle famiglie all’interno delle quali potrebbe celarsi l’assassino. In base a quest’ipotesi, il campo si restringerebbe di molto: di qui l’ottimismo degli inquirenti. Questa pista poggia sul solido anche perché la ragazza avrebbe accettato un passaggio offerto da una persona a lei nota, si sarebbe fidata, insomma, il che significa che, appunto, questa persona o queste persone sarebbero della zona. Anche un’altra pista viene seguita, direttamente collegata alla prima, ed è quella che porta al cantiere di Mapello, il luogo dove i cani avevano fiutato l’odore di Yara girando intorno e fermandosi in quel luogo. La ragazza è stata là, non ci sono dubbi. Che poi sia stata caricata su un furgone e che questo sia andato via è un’ulteriore prova che i cani avevano fiutato la pista giusta. Che Mapello sia una delle piste è testimoniato da un’intervista fatta da un giornale locale a Letizia Ruggeri, pm titolare dell’inchiesta, che ha dichiarato che Mapello sarà una pista fino a quando non ci sarà un nome e che l’ipotesi che si tratti di un parente di una famiglia locale è molto fondata. [email protected]