Essere mamma non è stato mai un compito semplice, oggi è estremamente difficile. Essere mamma significa tante cose: essere consapevole del ruolo di educatrice, essere all’altezza delle aspettative proprie, dei figli e della società, saper dosare in giusta misura affetto e autorevolezza, conforto e sprone, capire le esigenze altrui e cercare di soddisfarle, essere sempre presenti ma con discrezione e mai invadenti, e tanto altro ancora. Chi tra tutte le mamme, di ieri e di oggi, non ha mai sentito un senso di pressione nei confronti di questo ruolo? È la natura che, nel miracoloso dono della maternità, mette le mamme di fronte all’onere di crescere – e crescere bene – i figli.
Un terribile fatto di cronaca recente ci ha messo di fronte alle dure parole di una mamma che sente in qualche modo la responsabilità per il comportamento del figlio. A Manduria un anziano disabile è vittima delle continue vessazioni da parte di alcuni giovanissimi del paese. Questi ragazzi riempivano la giornata scaricando la propria frustrazione, imbecillità e crudeltà usando violenza sull’uomo che dopo diversi giorni di agonia muore. Viene fuori la squallida storia e sembra coinvolgere un giro notevole di giovani che si filmavano durante le torture e che fanno circolare i video sulle chat. “Non sono la madre di un mostro. Sono solo un evidente fallimento educativo, incapace di insegnare un valore anche basico come rispettare la vita umana. Sono la madre che non ha saputo insegnare la pietas. Sono un fallimento perché ancora difendo un pezzo di m*rda come mio figlio” commenta una mamma che fa ammenda, sa che l’errore del ragazzo è ingiustificabile, ma non riesce a non difenderlo. È pur sempre suo figlio e proteggerlo, nel bene e nel male, è anch’esso un compito assegnatole dalla sua natura di mamma. Chi può biasimarla? Questo mette bene in luce che voler bene ai propri figli è differente da far del bene ai propri figli. E redimere il figlio è naturale, anche se non sempre giusto. Ma la mamma di Manduria, riferendosi a tutti i giovani coinvolti, dice anche che “nessuno si occupa di loro. Forse nemmeno noi”. Non è un caso se si dice che la mamma “mette al mondo” un figlio, significa che tutta la comunità e la società dovrebbe concorrere alla loro crescita e dovrebbe affiancare principalmente la mamma e in generale tutti i genitori in questo duro compito. La società, che invece è sempre pronta a giudicare e criticare queste mamme – se lavorano troppo, se non lavorano, se viziano, se allattano, se coccolano, se giustificano, se invadono, se sono poco o troppo presenti – dovrebbe essere più solidale e agevolare il gravoso compito di colei che mette al mondo il futuro. Con una società più “a misura di mamma”, tutto sicuramente sarebbe migliore.
Auguri a tutte le mamme!