A Napoli, due ragazzi, Francesco e Giuseppe di 18 e 22 anni, sono stati cacciati di casa dopo che hanno rivelato la loro omosessualità. Leo Caruso di Radio Lora Italiana ha intervistato su questo argomento Yuri Guaiana, un radicale dei diritti civili, impegnato in particolare sulle tematiche LGBT
Per quanto riguarda la storia di due ragazzi napoletani cacciati di casa soltanto per il fatto di essere gay, molti hanno ricondotto l’accaduto alle condizioni sociali dei due ragazzi, tu sei d’accordo? Può il contesto sociale aver influito sull’accaduto?
Credo che purtroppo l’omofobia non abbia un contesto sociale o non sia una caratteristica geografica. Purtroppo l’omofobia che arriva a livelli tali, in cui si colpiscono addirittura i propri figli, è qualcosa che trova le radici in ignoranza, ma purtroppo anche in una malintesa forma bigottismo religioso.
La questione preoccupante è che in Italia il fenomeno dei ragazzi cacciati di casa dopo aver fatto il coming out è un fenomeno triste e particolarmente diffuso, come ad esempio negli Stati Uniti dove è un fenomeno storico. Anche nel nostro Paese sta iniziando a verificarsi una situazione del genere per cui è importante che le autorità locali si attrezzino per creare delle case di accoglienza per giovani, soprattutto per giovani LGBT, cacciati di casa, le quali sono già una realtà presente in diverse parti dell’Europa e negli USA. È tempo che anche l’Italia si attrezzi ad accogliere in qualche modo una situazione molto pesante di ragazzi LGBT.
Anche se queste situazioni in Italia non sono cosi frequenti come altrove, si nota un aumento di atti omofobi piuttosto preoccupanti negli ultimi tempi…
Sì, quest’estate è stata decisamente all’insegna dell’omofobia, si sono contati attacchi omofobi quasi una volta alla settimana. Solitamente, quando si fanno dei passi avanti in tema di diritti LGBT, segue un breve periodo di reazione omofoba.
Con le unioni civili si è fatto un passo avanti, c’è stata molta più visibilità per le coppie dello stesso sesso ed ecco che, forse, una reazione drammatica, ma tutto sommato fisiologica, può essere appunto quello dei recenti attacchi omofobici.
In breve, si spera che diminuiscano, questo sarebbe più facile se al posto delle unioni civili in Italia ci fosse stato il matrimonio egualitario, mandando così dallo stato un messaggio di eguaglianza rispetto alle persone LGBT. La legge che abbiamo in Italia non aiuta perché manda dei messaggi omofobi, dicendo che le coppie LGBT non sono uguali a tutte le altre.
Potrebbe esserci anche una interpretazione positiva di questa emergenza di tanti attacchi omofobi di quest’estate, cioè che le persone LGBT hanno iniziato a denunciare di più gli attacchi omofobi, non necessariamente alla polizia, ma sicuramente alla stampa o alle associazioni e quindi emergono all’attenzione dell’opinione pubblica. Questo è paradossalmente un dato in qualche modo positivo dell’emergenza omofoba che si è registrata quest’estate.
Ma manca acora la legge che continua a non essere approvata. Cosa potrebbe aiutare?
Noi siamo contrari alla criminalizzazione dell’omofobia, riteniamo addirittura che possa essere controproducente. Gli attacchi omofobi quando sono violenti, sono già, penalmente perseguibili. È importante invece che lo stato investa delle risorse, che è sicuramente più difficile, sulla formazione del personale sanitario, scolastico, delle forze dell’ordine, per attrezzarli ad accogliere le denunce di omofobia, a combattere il bullismo omofobico, a gestire casi di omofobia nel migliore dei modi.
Se si investono delle risorse facendo delle campagne di informazione rispetto alla necessità di accogliere le persone LGBT; la necessità per le persone trans di accedere al mercato di lavoro; di accompagnare i genitori che si trovano ad affrontare spesso, in condizioni socioculturali di grande disagio, il trauma del coming out dei figli; ecco che questo sarebbe sicuramente molto più efficace e coinvolgerebbe non solo lo stato ma anche le associazioni, i comuni e le regioni in delle forme di criminalizzazione preventiva pro attive più efficaci.
In tutto ciò, secondo te, il ruolo dei media, dei social network, quanta influenza può avere per evitare episodi del genere nel 2017?
Il ruolo dei media è assolutamente fondamentale. La conoscenza è fondamentale, nel senso che permette di rendere chiaro a tutti che le persone LGBT non vengono dalla luna ma sono delle persone come tutte le altre che hanno una famiglia, che sono inserite in un tessuto sociale, che hanno degli amici etc…
I media devono essere però consapevoli di avere il ruolo di raccontare la verità della situazione delle persone LGBT.
Con questo intendo dire, per esempio, che i media devono smettere di riferirsi alle persone transessuali che hanno completato la transizione dal genere maschile a quello femminile con l’articolo maschile o viceversa e quindi restituire la dignità del proprio percorso alle persone transessuali. Oppure i media devono smettere di rappresentare i pride solo e esclusivamente nei fenomeni più eccentrici dell’evento come l’unica rappresentanza che si può fare del pride.
Leo Caruso
foto: ilga-europe.org
Yuri Guaiana, dal 2011-2016 è segretario nazionale dell’Associazione Radicale Certi Diritti, in prima fila nella battaglia per il matrimonio egualitario. Dal 2013 membro del Board di ILGA Europe che riunisce le associazioni della LGBT europee ed è sempre molto attivo sulle tematiche del mondo LGBT.