Al WEF 2018 l’Europa contro il protezionismo. Nel suo discorso conclusivo Donald Trump ha messo in primo piano le qualità economiche del suo Paese
Il motto del 48esimo World Economic Forum (WEF) è stato rivolto a un futuro aperto a una maggiore diversità umana: “Creare un futuro condiviso in un mondo fratturato”. L’annuale convegno nella cittadina grigionese ha riunito parecchi potenti del mondo politico, leader economici e rappresentanti della società civile e degli ambienti culturali, tecnologici, scientifici, religiosi e accademici. Nell’ultima giornata l’edizione 2018 è culminata con il discorso del presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump. Il fondatore del WEF, Klaus Schwab ha sperato che il raduno possa permettere di “superare le fratture che derivano a causa della crescente competizione tra nazioni e delle profonde divisioni delle società” e auspica “un nuovo equilibrio tra nazionalismo e globalismo”. Nei cinque giorni del WEF 2018, i politici di spicco che sono intervenuti hanno concordato che il modello attuale di globalizzazione crea troppe diseguaglianze, ma non si sa quale sia la via più praticabile per raggiungere lo scopo di uscire da un mondo fratturato.
Il discorso inaugurale è stato pronunciato dal primo ministro indiano Marendra Modi, che ha sostenuto il libero scambio, che per l’oriente è ossigeno per le economie, e ha timbrato il protezionismo di Donald Trump come una minaccia. “Molte società in azioni si focalizzano su loro stesse e si oppongono alla globalizzazione” ha ammonito Modi “un impatto non meno pericoloso del terrorismo e del cambiamento climatico”. L’India a Davos ha lanciato una campagna di comunicazione in grande stile per allacciare contatti con persone interessate al vasto mercato indiano che offre infinite possibilità.
Sulla stessa lunghezza d’onda di Modi è l’Europa che dal palco di Davos è stata rappresentata, dalla cancelliera tedesca Angela Merkel e dal premier francese, Emmanuel Macron, i quali hanno lanciato un chiaro messaggio: nessuna rinuncia alla globalizzazione e dare risposte concrete alle preoccupazioni della gente. L’Europa ha risposto all’”America first” di Trump rilanciando il proprio futuro. “Il protezionismo non è una soluzione” ha detto la Merkel “la Germania vuole dare il suo contributo anche in futuro per soluzioni condivise ai problemi”. Multilateralismo e non unilateralismo, perché un’Europa più unita possa competere con le altre potenze. Per Macron “serve un’Europa più ambiziosa con valori condivisi a livello mondiale”. Il primo ministro francese auspica nuove strategie per i prossimi dieci anni sulle “sfide che fanno paura come la migrazione, la finanza, il digitale o l’ambiente”. Troppo importante il ruolo che l’Europa gioca nella globalizzazione e per evitare la frammentazione serve un’Europa politicamente ed economicamente più forte. L’Europa dovrà trovare le condizioni quadro al di fuori delle azioni politiche nazionali per potere competere e contrapporsi a giganti come Cina e Stati Uniti d’America.
Il momento più atteso del WEF è andato in scena venerdì pomeriggio con il discorso di Donald Trump, che dal palco del Kongresshaus ha spiegato la sua “America first”. Nel suo intervento i toni sono stati più pacati del solito e l’élite economica presente al WEF si è mostrata ottimista, poiché Trump sembra rallentare sull’isolazionismo: “America first non significa America alone (da sola)” ha detto Trump “se l’America cresce, tutti gli altri Paesi lo faranno”. Come presidente americano metterò sempre al primo posto gli USA, così come gli altri leader dovrebbero porre il loro Paese. L’inizio del suo discorso, fortemente incentrato sulla politica economica, è stato un elogio alla piazza economica statunitense: “Mai il tempo è stato così propizio per investire, crescere e assumere. L’America è il posto dove fare affari”. Un passo interessante è stato quando Trump ha detto che “gli Usa sono pronti a fare affari con il resto del mondo” aggiungendo che “io non sono contro il libero commercio, ma per un commercio libero e corretto e chiedo solo reciprocità e rispetto delle regole comuni”.
I rapporti commerciali sono temi che riguardano anche un Paese solido e sicuro come la Svizzera, per la quale gli USA sono un partner fondamentale. Il presidente della Confederazione Alain Berset si è detto soddisfatto dell’incontro con Trump, nel quale si sono affrontati i temi del clima, delle questioni fiscali e soprattutto dei rapporti economici. Berset davanti ai media ha parlato di un incontro “informale e molto produttivo” tra due Paesi che sono tra i più innovativi del mondo ed è stato l’occasione di approfondire la relazione con gli Stati Uniti d’America. Trump ha rincentrato la discussione sui suoi meriti: “La Svizzera ha investito tanto sul mercato americano, approfittando dell’impennata del 50% dei mercati borsistici. Ho reso gli svizzeri ancora più ricchi”. Alla domanda se ci sia il rischio che alcune multinazionali attive in Svizzera ritornino in America con Trump, Berset ha risposto un po’ piccato: “Anche la Svizzera è forte e offre condizioni alle imprese e senza dimenticare che le oltre 500 imprese svizzere negli Stati Uniti danno lavoro a mezzo milione di persone”.
Gaetano Scopelliti
foto: Ansa