Paladino storico a difesa delle cause dei più deboli, sostenitore dei diritti delle minoranze e dei diritti civili.
Ma tra i banchi del Senato, era capace di spendere la sua enorme autorevolezza per stringere accordi bipartisan, mediare, limare i testi, pur di raggiungere compromessi con l’opposizione repubblicana e approvare un provvedimento che gli stava a cuore.
Ted Kennedy, senatore settantasettenne scomparso la scorsa settimana per un tumore al cervello, ultimo esponente di una gloriosa tradizione “liberal” del partito democratico, nei suoi cinquant’anni di vita parlamentare, è sempre riuscito a far convivere una spiccata intransigenza su grandi obiettivi ideali, su temi sociali come scuola, immigrazione, aborto e sanità, con una forte predisposizione al dialogo bipartisan.
Entrato in Campidoglio nel ’62, a soli trent’anni, prendendo il seggio lasciato vacante dal fratello John, rieletto ininterrottamente senatore del Massachusetts, Ted ha presentato nel corso di questi decenni, più di 2500 proposte di legge, alcune delle quali hanno radicalmente modificato il volto della società americana.
In ognuna delle più importanti riforme sociali adottate da ogni amministrazione Usa da cinquant’anni a questa parte, si può trovare traccia del suo operato, del suo paziente lavoro di mediazione: la sua passione per il mondo della scuola ha aiutato negli anni ‘60 il varo di un programma a sostegno degli alunni più poveri con un ampliamento delle borse di studio; negli anni ‘70 il suo impegno a favore dei diritti delle donne ha prodotto un testo di legge sull’uguaglianza; più tardi negli anni ‘90 è riuscito ad ottenere una legge che protegge i disabili e tutela i loro diritti contro ogni discriminazione sul posto di lavoro.
Sempre negli anni ‘70 il senatore Kennedy fu decisivo nella battaglia vittoriosa per garantire ai diciottenni il diritto di voto, sottolineando, in un’epoca segnata dalla guerra del Vietnam, che “se i giovani americani sono abbastanza maturi per combattere, allora lo sono anche per votare”.
Ma il suo pallino di sempre è la sanità: da sempre ha lavorato per una riforma che garantisca cure mediche a tutti gli americani.
Proprio uno degli ultimi suoi scritti era dedicato ad appoggiare incondizionatamente la tanto controversa riforma avanzata da Barack Obama. In passato ci ha provato più volte, sia quando era in maggioranza, sia dall’opposizione, con alterne fortune.
Nel ‘66 riuscì a far approvare un allargamento dell’Economic Opportunity Act, grazie al quale si creò il primo embrione di sistema sanitario pubblico americano.
Più tardi, nel ‘71, tentò di tutto per ottenere una copertura medica completa per tutti i cittadini, ma quella legge non passò.
Ma la sua tenacia a cercare un’intesa bipartisan lo portò spesso a cozzare con la linea ufficiale del suo partito. Accadde nel giugno del 2003, quando Ted Kennedy non dubitò un istante nell’appoggiare una proposta di George W. Bush a favore della sanità, fortemente osteggiato dal resto dei democratici e dalle maggiori forze sindacali perché troppo timido nei confronti delle persone meno abbienti.
Quella mano tesa a uno dei presidenti più controversi nella storia americana, provocò una spaccatura all’interno del suo partito.
Ma anche allora, il vecchio Ted, alle accuse replicò deciso: “In questo progetto c’è qualche apertura. Con un Senato e una Camera in mano ai repubblicani, noi democratici non riceviamo molte da questa amministrazione. Così ogni volta che si presenta l’occasione dobbiamo coglierla al volo”.
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