Frequentavo, anni fa, una bella e nuova biblioteca in cui mi trovavo bene e nel più assoluto silenzio, proprio per la possibilità di fare delle ricerche usando anche il pc prima di pubblicare il mio primo libro.
Un arrivo maledetto turbò la quiete: una responsabile acida e severa che, sin dall’inizio, apparve rigida ed intransigente con il pubblico ed anche con alcuni colleghi, sembrava arrivata per creare disagio, non per dirigere, fin troppo servile con i superiori a cui avrebbe dato l’anima calpestando i diritti di tutti pur di non disturbare mai in direzione generale.
Ricordo degli enormi cassetti di ferro pericolanti e pesanti che rischiavano di cadere addosso a qualche collega magari spezzandogli le gambe, ma nessuno poteva lamentarsene perché l’acida responsabile era severa e punitiva, infatti chiunque non era di suo gradimento veniva trasferito in sedi lontane per sua decisione perché,
nell’animo della minuscola ed insipida donna, quasi invisibile, albergava il veleno.
Girava la voce che stesse arrivando un disabile, neo assunto, un signore in carrozzella per muoversi ed accompagnamento al seguito.
“Dove mettiamo questo paralitico che verrà? Che potrà mai fare questo handicappato? Abbiamo bisogno di manovalanza ma dobbiamo liberare un buco per buttarci dentro questo inetto!”, furono alcune delle frasi di disprezzo della minuscola ma perfida responsabile ai suoi colleghi più stretti. Quando arrivò il primo giorno di lavoro del dipendente in carrozzella, tutti i colleghi erano stati allertati ad accogliere una specie di rifiuto umano perché lo guardarono con sdegno salutandolo a malapena come una guardia carceraria saluta un assassino.
Il povero disabile, sin da subito si vide collocato non in un suo ufficio ma “parcheggiato” sulla sua carrozzina insieme a noi lettori, lui voleva lavorare e chiedeva (seppur a fatica) di poter espletare le sue mansioni, ma veniva ignorato dal personale, del resto, alla responsabile non interessava nulla perché il nuovo collega non era utilizzabile come fattorino e, chi non poteva fare il suo conducente o il facchino a disposizione della perfida donna, veniva fatto trasferire, pur avendo tutti la qualifica di impiegati.
Stanco ormai di essere ignorato e parcheggiato insieme ai lettori senza avere mai una vera mansione, dopo nemmeno una settimana, il neoassunto iniziò ad urlare per diversi motivi e in diverse occasioni, o perché la porta gli veniva quasi sbattuta addosso visto che era collocato vicino una via di ingresso, o in altri momenti quando iniziò a disturbarsi di non essere mai ascoltato.
La collocazione del dipendente disabile accanto a me era finalizzata a fare un dispetto ed era opera della responsabile che pur sapeva che io fossi lì per leggere e che il poveretto aveva bisogno di poter interloquire a modo suo con i colleghi ma, non potendolo mai fare, chiedeva a noi lettori, a gesti, di chiamargli continuamente il personale.
Mentre gli altri talvolta rispondevano anche se infastiditi dalle richieste del dipendente, io mi astenevo dal rispondere a volte per non disturbare gli altri lettori visto che ero in una sala lettura, ma anche e soprattutto perché non volevo creare confusione e sapevo che quella minuscola responsabile mi detestava, in apparenza senza motivo.
Girava voce da diversi giorni che io dovessi pubblicare il mio primo libro ed ovviamente, ero doppiamente detestata per questo mio impegno editoriale da quella donna che già era in conflitto con la mia persona per un fattore estetico, io alta e giovane rappresentavo fisicamente il tipo ideale che la responsabile avrebbe voluto essere e, non potendo togliermi né la giovinezza né l’ altezza né altro, la sofferente donna minuscola escogitò il modo di togliermi la postazione al pc.
Una mattina mi trovai collocata al posto del disabile e avevo improvvisamente un mouse adatto alla scrittura di un soggetto con difficoltà alle mani. A quel punto chiesi di poter avere una normale postazione visto che non potevo scrivere con un pc non adatto a me, nel frattempo il disabile si trovò a lamentarsi anche lui di essere seduto (sempre accanto) in una postazione dove non poteva scrivere, ma le spiegazioni del personale furono blande e senza una logica. Così, sia io che il dipendente non potevamo scrivere perché ci avevano scambiato appositamente le postazioni, mi limitai a dire che io non avevo bisogno di congegni che non erano destinati a me mentre il disabile iniziò ad urlare dicendo a tutti di essere non un qualsiasi utente, ma un dottore e dipendente! Non dimenticherò mai l’urlo che fece, sembrò un animale impazzito e disperato in cerca di rispetto e considerazione, urlò mettendocela tutta per farsi finalmente capire.
Fatto sta che, dopo il vile dispetto, venni allontanata io dalla biblioteca come se avessi fatto del male a qualcuno e, di lì a pochi giorni, mi fu inviata una lettera di richiamo che mi impediva, per punizione, di frequentare la biblioteca per un anno.
Motivo?
La perfida responsabile aveva riferito che il disabile tremava come una foglia perché innervosito dalle mie richieste a lui. Incredibile era pensare a delle richieste fatte ad una persona che non riusciva a parlare essendo un’impresa già il farsi capire, ma una vera strega era ben capace di capovolgere la situazione asserendo che addirittura io avrei rivolto domande ad un signore che riusciva a parlare con estrema difficoltà, questo però il superiore non poteva saperlo visto che ricevette quel reclamo contro di me e dette seguito a quanto richiesto.
Dunque la perfida responsabile, che mi aveva accolto ogni mattina con il suo sguardo malevolo ed atteggiamento acido, si era organizzata mentalmente per sbarazzarsi in un colpo solo di me e del disabile che fu poi sistemato in un posto ben lontano da tutti i colleghi.
Una mente diabolica che arrivò a scrivere di tutto pur di eliminare me per un lungo periodo visto che era terribilmente gelosa ed infastidita dalla mia presenza e lo aveva sempre manifestato non solo con il suo sguardo carico di odio ogni giorno, ma anche con le risposte scortesi ad ogni mia domanda.
Dunque una donna malvagia, un Mostro di animo, una donna abituata a servirsi di tutti per i servizi più bassi che non osava fare lei, dimostrò così di sapersi servire anche del pietismo verso un disabile per allontanare me per un anno dalla biblioteca, creandomi disagio e un grande dispiacere proprio nel momento cruciale in cui avevo il mio pc personale da riparare e stavo per consegnare il mio primo libro ad un editore.
Fui punita per non aver commesso nulla, solo perché una malvagia donna, quasi invisibile fisicamente, aveva deciso di farmi fuori dai suoi occhi, e sono certa del fatto che mi avrebbe eliminata anche fisicamente con le sue mani se solo non avesse perso il suo immeritato lavoro di responsabile.
Alessandra Hropich
Questa storia ed altre di violenza sia di piccoli che grandi mostri, si trovano in questi due libri:
Alessandra Hropich si laurea in Legge a Roma e inizia la pratica legale presso un importante Studio di Roma. Tra le prime esperienze ha lavorato nell’ambito della comunicazione delle aziende; ha svolto l’attività di Funzionario presso Autorità pubblica; ha lavorato anche nella redazione programmi Tv, oltre alle esperienze televisive più giovanili, in cui ha lavorato in video. Attualmente è redattrice di articoli, realizza interviste per diversi giornali online e scrive per alcuni dipartimenti universitari.
La scrittura ha sempre fatto parte della sua vita e in ambiti diversi, nella sua attività di autrice degli argomenti dei convegni di cui spesso è anche relatrice, nel lavoro di stesura delle proposte di legge per un Istituto Studi legislativi e nelle esperienze di comunicazione politica.
Hropich racconta: “L’amore per la scrittura nasce oltre dieci anni fa, quando l’editorialista Rossana Rossanda mi suggerì di scrivere ogni mattina i pensieri più immediati, i progetti o i desideri per evitare di dimenticare qualcosa nel corso della giornata. Da qui il mio interesse per le storie vere, come quelle dei miei libri e di interesse sociale per quanto riguarda i miei articoli. Scrivere libri o articoli a tema sociale rappresenta per me una liberazione da tutte le brutture e le cose di cui vengo, mio malgrado, a conoscenza”.