Molti italiani, pur non dimenticando le origini e rimanendo attaccati alle loro radici tanto difficili da estirpare, considerano la Confederazione Elvetica come una vera e propria Patria adottiva che ha permesso loro di lavorare e vivere nel reciproco rispetto e nella sicurezza di un futuro garantito dai tanti anni di servizio che un onesto cittadino compie in una terra che non sente più come straniera. Poi, dopo anni di lavoro e sacrifici, giunti alla tanto agognata pensione, si pensa di poter rientrare a casa. Questo è quello che fa il signor Mario (nome di fantasia) che insieme alla moglie decide di tornare in Italia. Le cose, però, non vanno per il verso giusto. Colpito da un brutto male che lo rende invalido e bisognoso di costanti cure, una volta morta la moglie, il signor Mario in Italia si ritrova solo. In Svizzera, più precisamente a Zurigo, vive e lavora la figlia Laura (anche questo nome di fantasia) che si adopera subito per averlo quanto più possibile vicino per potergli dedicare tutte quelle attenzioni amorevoli che solo una figlia può garantire al padre anziano e malato. Dopo una serie di eventi, finalmente Laura ottiene dalle autorità svizzere il permesso di potersi ricongiungere con il padre ma solo dopo aver garantito di farsi completamente carico del suo mantenimento. Purtroppo per Laura e suo padre i problemi non sono finiti, tutt’altro. Le condizioni di Mario peggiorano e deve ricoverarsi in un alloggio assistito per italiani. Qui i costi aumentano insieme alle difficoltà di Laura che comincia ad avere difficoltà a continuare il sostentamento senza ulteriori aiuti. Dal centro sociale dell’ospedale dove Mario è ricoverato arriva il suggerimento di fare una domanda per ricevere la “Zusatzleistung zur AHV”, una prestazione complementare sulla pensione di anzianità, grazie alla quale Laura riesce ad ottenere un piccolo aiuto. Quando però Laura chiede maggiori chiarimenti all’ufficio per la Zusatzleistung zur AHV, per tutta risposta, questo ufficio le invia una lettera nella quale, senza mezzi termini né un minimo di delicatezza per la situazione, padre e figlia sono bersaglio di accuse molto gravi. Laura infatti, secondo quanto si evince dalla letteradi aiuto che lei stessa invia al Ministero degli Affari Esteri italiano, viene accusata di aver intenzionalmente trasferito il padre in Svizzera per potersi avvalere illecitamente delle prestazioni socio-assistenziali elvetiche nonché delle tasse dei contribuenti. Non solo: lo stesso ufficio informa l’ufficio immigrazione che subito contatta Laura per chiarimenti e la invita a rinunciare all’aiuto finanziario, pena il rimpatrio immediato del padre.
Perché la sua seconda Patria, che fino a qualche anno fa ha servito da onesto cittadino contribuendone al progresso, adesso si sente truffata e derubata? Nel periodo lavorativo, prima del ritorno in Italia, Mario, sua moglie e Laura hanno versato in Svizzera oltre 77 anni di contributi: come può la Svizzera sentirsi derubata? È questo il trattamento che degli onesti lavoratori si meritano dopo anni di servizio? Quale futuro spetta a noi, italiani all’estero, italiani in Svizzera? Ma soprattutto, quale futuro spetta a Laura che non riceve più l’aiuto finanziario, che non può più tenere il padre nel centro specializzato, che non può più garantirgli le giuste cure.
E quale sarà il futuro di Mario? E come mai, nonostante le richieste di aiuto che Laura ha inviato al Ministero degli Esteri italiano, le risposte tardano ad arrivare? Laura non può più mantenere il padre e gli uffici competenti non garantiscono più nessun sostentamento. Mario dovrà tornare in Italia. E sarà solo. Per quanto tempo un anziano invalido potrà vivere in condizioni di indigenza? Un’altra soluzione per Laura sarebbe quella di lasciare il suo lavoro per accudire il padre a tempo pieno ma in quel caso diventerebbero due le persone da mantenere e a gravare sulla già precaria situazione economica di questa famiglia. Quella che sta vivendo la nostra amica è davvero una situazione tragica ma bisogna trovare un rimedio in virtù di ciò che si chiama dignità umana, sia del povero signor Mario, che nelle sue condizioni è costretto a subire il rimpatrio, sia di Laura, che ormai non ha più di che vivere. Bisogna che si faccia qualcosa anche in virtù dell’amore che lega una figlia al padre malato, per farli rimanere uniti e per far vivere loro serenamente e dignitosamente gli ultimi anni di vita. E poi bisogna agire per tutti noi che siamo qui che lavoriamo ogni giorno onestamente, proprio come faceva Mario e come fa Laura, per poterci garantire un domani sereno e non vivere sin da ora nel dubbio, con l’incertezza del futuro. Il nostro futuro termina col finire delle nostre risorse economiche?