Bersani chiude all’Idv e apre all’Udc e Casini risponde sì all’alleanza tra moderati e progressisti
All’indomani dell’apparizione sui giornali delle intercettazioni tra l’ex vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, e il consigliere giuridico del Quirinale, Loris D’Ambrosio – intercettazioni che non contenevano alcuna ipotesi di reato – l’unico (o quasi) a soffiare sul fuoco della polemica nei confronti dell’inquilino del Colle è stato Di Pietro, non nuovo ad attacchi sguaiati, il quale ha chiesto una commissione parlamentare. La cosa non ha fatto piacere al Segretario del Pd, Pierluigi Bersani, il quale è stato duro nei confronti dell’altro piede dell’alleanza di centrosinistra, dicendo che se ci fossero oggi le elezioni, Di Pietro sarebbe fuori. La frase non ha mancato di suscitare per alcuni chiarezza, per altri confusione. Anche se non sono la maggioranza, i fautori dell’alleanza con Di Pietro sono tanti e soprattutto contano, mentre quelli che non la vogliono sono altrettanto agguerriti. In linea di principio non la vogliono i pochi veri riformisti del Pd e gli esponenti cattolici, all’infuori di Rosi Bindi. La vogliono, invece, i giustizialisti, che sono in tanti. Bersani, comunque, nei confronti dell’alleato che “non perde occasioni per attaccarci”, è stato chiaro: o la smette con gli attacchi, quindi di rincorrere Beppe Grillo, o, appunto, “è fuori”, aggiungendo un particolare importante, anche se solo agli addetti ai lavori, e cioè che il Pd era interessato a fare un’alleanza con l’Udc di Casini, anche a costo di proporgli un’offerta di collaborazione al governo dopo le elezioni. Una frase, questa, che va letta in maniera duplice. La prima lettura è rivolta a Casini: ti vogliamo a tutti i costi, anche dopo le lezioni. La seconda lettura è: abbiamo stabilito di fare le primarie entro l’anno, non posso non mantenere fede all’impegno, anche se so che tu, Casini, non condividi questo passaggio e soprattutto ne sei fuori, per forza di cose, in quanto appartieni ad un partito di centro. Dunque, è la conclusione, non guardare alle primarie, le vincerò io e dopo potremo fare una bella alleanza di governo. Come pegno, ti garantisco che Di Pietro resterà fuori, visto che è inviso a te e anche a me. Il messaggio di Bersani, con il giudizio su di Pietro, è stato chiaro e, soprattutto, è stato recepito di chi doveva capire.
L’indomani, sul Corriere della Sera, è uscita un’intervista di Pierferdinando Casini, il cui succo è il seguente: anche dopo Monti, per gestire un periodo comunque difficile, è necessaria un’alleanza tra i moderati e i progressisti. Anzi, non solo è necessaria, ma è indispensabile, lo impone l’emergenza euro e la crisi economica. Casini, però, dice qualcosa di più, a suggellare quell’alleanza per ora solo verbale. Approfittando della sortita di Berlusconi, che in una manifestazione di giovani del Pdl aveva detto “datemi il 51% e mi ricandiderò, trova il modo per prendere le distanze dall’avversario ex alleato (“Ve l’avevo detto io che Berlusconi non si sarebbe fatto da parte!”), rassicurando da una parte Bersani che la sua offerta era vera e convinta, dall’altra che la prospettiva era così seria da spingerlo a dire che “Bersani è una persona seria, non cambia posizioni” come fanno gli altri. Quindi, anche un chiaro messaggio ad Angelino Alfano, per dirgli che tra il Pdl e il Pd aveva scelto ormai definitivamente quest’ultimo.
Ma ecco che alcuni giorni dopo, quella che sembrava una “gioiosa macchina da guerra” programmatica ed elettorale, da una parte ha subìto un “alt” abbastanza minaccioso, dall’altra ha rafforzato quell’incontro a due tra Casini e Bersani.
Di Pietro, infatti, ha capito l’antifona e c’è rimasto male, perché non solo non può permettersi di mettere da parte il giustizialismo altrimenti Beppe Grillo si prende tutti i suoi voti, ma non può nemmeno permettersi di non attaccare il Pd che sta facendo l’alleanza con Casini, suo avversario dichiarato e confesso. Allora cosa fa? Va da Vendola, Segretario di Sel (Sinistra, ecologia e libertà) e concordano una posizione che ha tutta l’aria di essere una mini dichiarazione di guerra. Dice Vendola: “Discuto con Bersani solo se c’è l’Idv. E solo se c’è il sì alle coppie di fatto”. E’ una dichiarazione che è anche un no neanche tanto diplomatico. Vendola sa che Casini non accetterà mai di fare un’alleanza con Di Pietro, perché sa che Di Pietro non potrà rinunciare ad essere se stesso, ma sa anche che se lui si disinteressasse di Di Pietro e facesse un’alleanza a tre, sarebbe un alleato di second’ordine, perché l’alleanza s’impernierebbe su Udc-Pd. Insomma, Vendola sa che dovrebbe portare solo acqua al mulino di Udc e del Pd.
Abbiamo detto che questo “no” di Vendola senza Di Pietro facilita l’alleanza a due, Udc-Pd. Già, perché Casini è certo che porterà in dote al nuovo e più forte alleato una parte dei malpancisti del Pdl, ad esempio Beppe Pisanu e il suo gruppo, i quali, essendo moderati, non potrebbero mai fare il salto dal Pdl all’Udc se Casini si alleasse con Vendola e Di Pietro.
Insomma, ad una fase di schiarita, ne è subentrata un’altra di buio. Se all’estero non capiscono la politica italiana, beh, non hanno poi tutti i torti.