Anche la Svizzera ha qualche scheletro nell’armadio, solo che qui gli armadi sono dotati di chiusure ermetiche che non lasciano trapelare nulla. A volte però può capitate che anche i meccanismi più ingegnosi si inceppino e qualcosa salti fuori, con discrezione però. Così è venuta alla luce l’oscura vicenda dei “Verdingkinder”, letteralmente i “bambini collocati”, una tristissima storia che si è consumata tra gli anni ’20 e gli anni ’60 e che ha per protagonisti degli sfortunati bimbi svizzeri. In quegli anni, infatti, tantissimi bambini, bambine e adolescenti furono “collocati” presso aziende artigianali o agricole su decisione amministrativa. Poteva capitare che delle persone in gravi condizioni economiche chiedessero assistenza sociale ma, in tutta risposta, l’amministrazione risolveva il problema del mantenimento dei figli inviandoli come manodopera a bassissimo costo nelle aziende svizzere. Molti altri, invece venivano mandati in istituti che però erano gestiti come dei veri e propri penitenziari e dove i poveri ospiti subivano violenze fisiche e psichiche, maltrattamenti e abusi di ogni tipo.
Una triste realtà che, dicevamo, è cominciata a trapelare a partire dagli anni ’90 e che negli anni successivi è stata oggetto dell’“iniziativa di riparazione” con la quale molte delle vittime sono state risarcite con un contributo di solidarietà, che però non ha risolto certamente i danni che hanno subito per tutta la vita le vittime di questa assurda “tratta” legalizzata di bambini svizzeri: questo hanno voluto dimostrare gli 800 manifestanti, ex Verdingkinder, che si sono riuniti lo scorso fine settimana, per la precisione sabato 18 giugno, in occasione della Bea Expo di Berna. La loro presenza si è fortemente sentita ed è così che deve essere, perché questa vicenda, o casi analoghi di violenze e abusi, non devono mai più ripetersi. Questa storia è stata celata, quasi tenuta sottochiave, una realtà di degrado e povertà, così come una grossa falla del welfare elvetico, che non ha fatto parte della memoria storica e collettiva della Svizzera per molto tempo. Poi finalmente qualcuno si è interessato di loro, ovvero la Fondazione Guido Fluri che, una volta lanciata nel 2014 l’iniziativa popolare per la riparazione, è riuscita ad ottenere non solo i risarcimenti per le vittime, ma anche il giusto riconoscimento della loro realtà. Una volta ottenuta la legittimazione ufficiale di quella che è stata la terribile realtà dei Verdingkinder, questi ex bambini collocati non devono più essere dimenticati, anche se costituiscono una parte oscura della storia Svizzera.
Redazione La Pagina