UDC e PLR dominano la volata finale in una campagna elettorale che sarà la più costosa della storia politica svizzera
Tra undici giorni i cittadini svizzeri si recheranno alle urne in ambito delle elezioni federali. Lo scenario di come potrebbe essere composto il parlamento della legislatura 2016-2020 non mostra sorprese o colpi di scena. L’elettorato è orientato a rafforzare l’Unione democratica di centro (UDC) e il Partito liberale radicale (PLR), il Partito socialista (PS) è in leggera crescita, mentre chiare perdite di consensi sono indicate per i Verdi e il centro. In questi giorni di campagna elettorale i partiti sono impegnati a gestire la volata finale con strategie che non prendono in considerazione solo la classica pubblicità su annunci e manifesti, ma considerano maggiormente anche quella digitale, dai social network ai video pubblicati sui diversi canali. I metodi per conquistare il voto dell’elettorato sono molteplici. L’UDC, che di solito esprime le proprie idee politiche con veemenza e chiarezza, ha pubblicato un video “Welcome to SVP” che è una parodia su tutto, in particolare sul partito stesso. È uno dei segnali che la messa in scena sta superando nelle preferenze i contenuti del programma politico. Uno spettacolo elettorale che tocca anche i media (incluso il servizio pubblico) che puntano meno sulla rilevanza dei contenuti e si lasciano trascinare da questa nuova ondata di “campagna all’americana”. La cifra spesa in questa campagna raggiungerà i 40 milioni di franchi (ricerca SRG/RSI), spesa per abitante quasi al livello degli Stati Uniti. Dunque è un motivo abbastanza valido per richiamare all’attenzione la realtà dei quattro grandi partiti e dei loro obiettivi in vista delle elezioni e della nuova legislatura, che si vedrà confrontata con i temi della riforma dell’AVS 2020, la Strategia energetica 2050, i rapporti con l’Europa e i bilaterali, la migrazione e in economia con la forza del franco svizzero.
L’UDC si riconosce anche in quest’anno elettorale come il partito dell’opposizione, rifiutando il passo di diventare più liberale. Alle elezioni federali dovrebbe riconfermarsi il primo partito svizzero e per l’UDC l’esito è importante per blindare l’immagine di partito di successo. L’obiettivo è non ripetere il risultato negativo del 2011 (-2.3 punti percentuali) e per questo il partito è condannato a tenere il suo 26.6%. I temi in campagna elettorale sono a favore dell’UDC. Le crisi internazionali sull’emergenza profughi, gli incerti e destabilizzanti rapporti con l’UE e la crisi dell’Euro offrono al partito di cavalcare i suoi temi principali, che da anni contraddistinguono il programma politico. Non tutto è oro quello che luccica all’intero del partito. In questa legislatura si è costatata una disparità tra gli intellettuali, addetti al programma e la base, rimasta originaria e di cultura rurale. In teoria i vertici dell’UDC sfoderano un programma liberale (meno stato), ma in pratica non mantengono le promesse e spesso si differenziano dalla base più conservatrice. In futuro l’UDC non potrà sottrarsi al compito di cercare alleanze se vorrà fare passare i contenuti del suo programma in parlamento. Discorso che vale anche per la doppia rappresentanza nel governo. Fino ad ora l’UDC non ha presentato un candidato che possa ottenere la maggioranza dei parlamentari per l’elezione.
Anche per il PS i sondaggi promettono bene, almeno nella capacità di difendere la propria quota di elettori intorno al 19%. Nella campagna elettorale i socialisti sono progressivi. Senza un grande dispendio finanziario, ma con professionalità, mobilitano gli elettori sfruttando i Social Media e cercando il contatto personale, anche tramite le telefonate. Grandi balzi in avanti però il PS non ne farà. Il suo programma legislativo vira su un corso di sinistra che richiama lo stato come istituzione in difesa del cittadino. Pensiero massimalista che incute, soprattutto nella generazione di giovani, il senso di non sentirsi responsabili. In una società mobile parlare ancora di “superamento del capitalismo” è quasi un’eresia che potrebbe precludere alle generazioni future di seguire il PS, che ha dovuto subire anche numerose sconfitte alle urne su iniziative che chiedevano salari minimi o limiti di salari per i manager. Se fuori dal parlamento la via è impervia, la legislatura dei socialisti è stata costellata da vittorie in parlamento, grazie alla capacità strategica dei parlamentari PS di trovare maggioranze per far passare importanti dossier, da ultimo al Consiglio degli stati l’aumento delle rendite AVS di 70 franchi in ambito della riforma Previdenza 2020. Questo influsso nel parlamento potrebbe però indebolirsi dopo il voto, poiché l’alleato politico più stretto, i Verdi, è dato perdente, così come i Verdi liberali (PVL) e il Partito borghese democratico (PBD) che hanno sostenuto i socialisti in diverse votazioni.
Diametrale al PS è il PLR che vede il futuro della Svizzera basarsi su valori liberali della società e dell’economia. I liberali-radicali dovrebbero risorgere dal calvario degli ultimi decenni e invertire la tendenza della regressione, che nel 2011 aveva fatto scendere il partito quasi sotto la soglia del 15%. Il cambio al timone con Philipp Müller (persona vicino ai cittadini) ha rilucidato l’immagine del partito che sì è posizionato al centro-destra, tenendo però le dovute distanze dall’UDC. Da partito esperto di temi economici le crisi finanziare hanno servito al PLR la possibilità di dimostrare le proprie competenze in materia per recare stabilità in un mondo finanziario marcato dall’insicurezza dopo il tasso minimo di cambio franco-euro imposto dalla Banca nazionale svizzera. Il PLR strozza di ottimismo e l’ha dimostrato a Sursee durante l’incontro che ha dato il via alla campagna, dove erano presenti 1.600 persone (un record) tra delegati e simpatizzanti e anche i due ministri Burkhalter e Schneider-Ammann. Un incontro definito da Müller, acclamato su una passarella come una star, “una festa popolare e non una manifestazione politica” a testimoniare che il PLR non è la forza politica che rappresenta soltanto i piani alti dei grandi gruppi industriali. Nel suo discorso Müller non ha sollevato i temi concreti e non ha presentato ricette. Il PLR è scettico sulla svolta energetica e sulla riforma dell’AVS, incoraggia la via dei bilaterali e dice no all’adesione all’EU. Se il PLR tornerà a vincere si dovrà ricondurre il successo al pragmatismo, alla facoltà di aver saputo mobilitare e alla correzione dell’immagine.
Chi invece deve capovolgere il trend negativo tra le forze politiche maggiori è il PPD, che resta sì un partito di peso nel paesaggio politico svizzero, ma alle elezioni potrebbe avvicinarsi lo spettro del 10%. La causa di questa tendenza verso il basso va riscontrata nella spaccatura all’interno del partito tra conservativi e cristiano-sociali e nell’incapacità di darsi un profilo che lo differenzi dagli altri partiti. Sui temi che domineranno la prossima legislatura, il PPD appoggia con il suo programma politico in diversi punti le idee degli altri tre partiti, cercando di sostenere un po’ tutti. Attanagliato tra destra e sinistra, il partito prova a equilibrarle queste lacune con il suo cavallo di battaglia che è la politica della famiglia. Ma anche su questo campo le lotte delle correnti non si placano e la sconfitta alle urne sull’iniziativa per alleggerire il carico fiscale delle famiglie ne ha attenuato il peso perso sul tema.
Il PPD si dichiara ormai una forza interconfessionale, ma ha perso l’occasione di posizionarsi in quello spazio che è un bacino di voti: l’agglomerazione. Nei cantoni più popolati il PPD è rimasto sotto il 5%. In parlamento il partito ha riscontrato successi, grazie alla sua funzione di “ponte tra sinistra e destra” con una politica orientata a trovare soluzioni. Chissà se gli elettori appoggeranno ancora questa politica di centro, che spesso riconosce agli alleati i meriti delle vittorie nelle votazioni parlamentari. C’è poca speranza che il PPD riesca a ridare spessore alla sua politica di centro. Nelle ultime elezioni cantonali le perdite sono state cospicue e il presidente Darbellay (uscente) ha fallito nella costruzione di un’alleanza di centro con PBD e PLV.
Gaetano Scopelliti
Come si vota: tra stralcio, cumulo e panachage
Chi ha già ricevuto le schede di voto potrebbe incontrare qualche difficoltà, nonostante ciò è importante perché si tratta di decidere
chi ci rappresenta a livello federale nei prossimi quattro anni. Ecco le spiegazioni sulle modalità di voto
…se voglio lasciare così com’è la lista prestampata?
Prendete la lista del partito che volete votare e mettetela nella busta anonima. Attenzione si può votare solo una lista. Il partito ottiene tanti voti (voti di partito) quanti sono i nomi (voti personali) e le righe vuote (voti supplementari) indicati.
…se voglio cancellare dei nomi?
Si chiama “stralcio” e significa che potete cancellare nomi prestampati di candidati che non volete votare. Il partito ottiene comunque i voti per le righe vuote.
..se voglio dare più voti allo stesso candidato?
Si chiama “cumulo” e in questo caso potete scrivere a mano uno dei nomi sulla lista prestampata, così il candidato riceverà due voti. Attenzione lo stesso nome può apparire al massimo due volte sulla scheda di voto.
Se non trovate righe libere per riscrivere il nome del candidato, dato che ogni scheda non può contenere più nomi del numero di seggi attribuiti al Cantone, potete cancellare un altro nome sulla lista per scrivere sopra il nome del candidato a cui volete dare due voti, è importante riportare anche il numero del candidato e non solo il nome.
…se voglio votare anche candidati di altre liste?
Si chiama “panachage” e il metodo è simile al “cumulo”, solo che invece di riscrivere il nome di uno dei candidati della stessa lista, riscrivete il nome di un candidato di un’altra lista. I candidati ricevono così il vostro voto personale e il loro partito il vostro voto di partito.
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