L’impegno militare dell’Italia in Libia si è concluso il 30 settembre secondo la decisione del Parlamento
Di nuovo Siria e Libia sono i temi in primo piano questa settimana, con un esile filo che li unisce, almeno nelle motivazioni di chi vi ha fatto riferimento. Cominciamo dalla Siria e dalla bocciatura subita dalla risoluzione di condanna presentata dall’Europa. I fatti di sangue non si sono mai interrotti in queste ultime settimane, sono stati solo oscurati da altri avvenimenti. Ormai non si contano i morti, vittime della reazione massacratrice del regime di Assad. In Siria è guerra civile, ma il regime resiste perché può contare su un clima internazionale che non gli dà molte grane. La stessa proposta di risoluzione europea non riguardava tanto un minacciato intervento militare, ma solo una serie di sanzioni economiche. Ebbene, la risoluzione è stata rifiutata, nel senso che non è stata nemmeno messa ai voti in quanto c’è stato un doppio veto, quello della Russia e della Cina, che ne ha bloccato l’iter, secondo la regola del Consiglio di sicurezza dell’Onu. All’annuncio del veto russo-cinese, l’Europa ha espresso indignazione, come ha minacciato proprie sanzioni la Turchia. Gli Usa hanno deprecato il veto bollandolo come un regalo al regime e uno schiaffo al popolo massacrato. La domanda è: come mai il veto russo-cinese? I motivi sono tanti e quelli della Russia s’intrecciano, anche se non sono sovrapponibili, con quelli cinesi. L’ambasciatore russo all’Onu ha detto che la Russia ha voluto contrastare “la filosofia della contrapposizione”, riferendosi alla guerra civile che è in atto in Libia. La Russia non era d’accordo nemmeno sull’intervento in Libia, magari per ragioni di opportunismo tattico e diplomatico, ma i disastri accaduti giustificano, ai loro occhi, la scelta di non creare un’altra Libia in Medio Oriente. L’ambasciatore russo ha anche aggiunto che il veto non significa essere “gli avvocati di Assad”. La presa di posizione della Russia, al di là del merito e delle motivazioni ufficiali, potrebbe essere una risposta alla pervicacia con cui Usa e alcuni Paesi europei accelerarono l’intervento militare in Libia, dunque una motivazione per contrastare il potere americano nei vari scacchieri del mondo. Fatto sta, che adesso, a Damasco si gioisce perché la comunità internazionale non può intervenire. L’esito della guerra civile in atto dipende dalla quantità dei massacri che ancora ci saranno. Il regime è ringalluzzito dal veto russo-cinese e farà di tutto per dare il colpo di grazia alla protesta popolare, questa, venuto meno l’intervento esterno, sarà obbligata, per non soccombere, ad essere irriducibilmente decisa fino alla vittoria finale. In ogni caso, scorreranno fiumi di sangue. La Cina ha agito con qualche motivazione simile quando ha parlato di non interferenza negli affari interni, ma di certo pesa sul suo veto la vicinanza di regime tra il suo e quello di Assad, tutti e due regimi a partito unico, con quello siriano di estrazione vagamente socialisteggiante, come il nazionalismo libico di Gheddafi. Quest’ultimo – e siamo al secondo fatto di politica internazionale – è ancora vivo, nascosto tra i Tuareg nel deserto ai confini tra la Libia e l’Algeria, la sua ultima roccaforte cerca di resistere come può all’accerchiamento degli insorti, rappresentati da un Consiglio nazionale temporaneo (Cnt) che ha iniziato a ritessere i legami internazionali per la ricostruzione del Paese. La notizia è rappresentata dal fatto che da parte dell’alleanza c’è aria di smobilitazione. Il 6 ottobre a Bruxelles il Segretario generale dell’Alleanza atlantica ha annunciato la fine della missione “Unified Protector”, precisando che “gli alleati sono determinati a continuare le operazioni finché continuano le minacce, ma anche a interromperle appena le condizioni lo permetteranno”. In realtà, per l’Italia, l’impegno militare Libia si è concluso il 30 settembre, data fissata da un accordo di maggioranza tra il Pdl e la Lega di porre fine alla missione. L’accordo si tradusse in una decisione parlamentare, divenuta legge, per cui, continuare anche di un solo giorno le operazioni militari da parte dei nostri aerei avrebbe esposto il governo al rischio di commettere un reato, in quanto dette operazioni non erano coperte e protette dalla legge. Il governo, per parte sua, ha dichiarato, per bocca del Sottosegretario Mantica, che adesso “bisogna superare la visione ideologica di chi ha vinto e di chi ha perso” e che bisogna pensare al futuro, avendo ben presente che chiunque governerà “noi dobbiamo avere rapporti con la Libia”, Paese nostro vicino. [email protected]