Duemila anni in tre giorni, sorseggiando la storia più antica dell’Umbria. Tra sacro e profano, guelfi e ghibellini, gloria e decadimento. E tra un racconto e l’altro, oggi come allora, si riempiono i calici del vino ‘sacro’: il Sagrantino. Questo vitigno è il Re del territorio umbro, Italia. Quasi scomparso negli anni Sessanta, il Sagrantino è stato oggi recuperato grazie all’impegno e al coraggio di alcuni imprenditori lungimiranti, primo fra tutti Caprai, ottenendo così nel 1979 il riconoscimento Doc e nel 1992 il marchio Docg. Dal 2001 i vini di Montefalco sono tutelati dal Consorzio Tutela Vini Montefalco, che riunisce circa 60 cantine del territorio.
Grazie a “La Strada del Sagrantino”, associazione di promozione per il turismo enogastronomico, abbiamo partecipato all’“EducTour tasting” che ci ha portato in visita nei borghi umbri dove, come da disciplinare, si produce il vino Sagrantino Docg: Montefalco, Bevagna, Gualdo Cattaneo, Castel Ritaldi e Giano dell’Umbria.
Chi ama il vino italiano, e non conosce ancora quelli umbri, deve iniziare da Montefalco: la ‘ringhiera dell’Umbria’. Sorge su un colle a 475 metri da cui si scorge Spoleto, Trevi, Foligno, Perugia, Spello e Assisi. La visita parte da vitigni secolari che troviamo in giardini privati del centro storico. Censiti di recente, questi antichi vitigni sono stati ‘adottati’ da alcune importanti cantine, che se ne prendono cura per omaggiarne la storia e restituirli alla civiltà del domani. Facciamo il giro delle mura della città, sorta nel 1100 d.C. La prima porta è quella “di Camiano”, dove un tempo sorgevano ville patrizie. La seconda porta spiega come e quando cambia la storia. Nel 1227 l’imperatore Federico II, passando qui con la sua sfarzosa servitù, lascia un così forte impatto emotivo nei cittadini , che decidono di ribattezzare la città ‘Montefalco’, dalla passione per la falconeria del sovrano.
Allora Montefalco era meta di pellegrinaggi. Qui ha infatti vissuto ed è morta Santa Chiara di Montefalco, nel 1308 d.C., patrona del paese. Per tutta la vita ha riferito di ‘sentire dentro il cuore la passione di Cristo’. E così, alla sua morte, le viene aperto il petto: sul suo cuore i segni della crocifissione, oggi visibili e conservati in Chiesa, così come il suo corpo mummificato. La terza porta è l’ingresso principale della città: questa parte della cinta muraria insieme alla Torre del Verziere, che affacciava su un campo coltivato a verdure. Il buon cibo aveva un posto di primo piano in Umbria, oggi come allora.
Ultimiamo la visita guidata a Montefalco nel Museo di San Francesco, primo esempio in Umbria di chiesa musealizzata: il corpo nuovo del complesso è stato inaugurato nel 2008, con una reception e un’enoteca dove è possibile degustare, a due passi dagli affreschi di Benozzo Gozzoli, i vini umbri due gioielli dell’enologia umbra: il Montefalco Rosso Doc e il Sagrantino Docg. Vino a cui anche il pittore rende omaggio nella Cattedrale. Nella tavola imbandita dipinta sul lato destro dell’abside compaiono infatti crostata, pane e un calice di vino rosso: Sagrantino, come confermano antichi statuti comunali. Sotto il museo, le cripte. Solo nel 2006 è stato scoperto l’incasso di un vecchio torchio. E proseguendo gli scavi, le antiche cantine con le vasche di raccolta per la fermentazione. Davanti ai nostri occhi, l’originale sistema di vinificazione del 1400 d. C.
C’è anche un torchio in miniatura. E’ uno degli strumenti che rivela l’origine di questo vino sacro: prodotto allora in modeste quantità, usato solo per officiare le cerimonie religiose. Da qui il nome di “Sacrantino”, poi mutato nella versione attuale per migliorarne il suono. Salendo la torre campanaria si ferma il respiro. La valle umbra è lì, con tutte le sfumature del verde e del marrone. La campana, oggi meccanica, è stata rifusa più volte. Su un lato sono incisi gli anni di ogni fusione, l’ultima nel 1900.
Emanuela De Pinto
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