Le isole di spazzatura contenenti 1,8 trilioni di pezzi di detriti saranno ripulite grazie ad una nuova tecnologia
Nelle acque salate si trovano rifiuti di ogni genere. Lo appuriamo anche noi, quando in vacanza su una spiaggia e complice una corrente ondosa particolare, il mare galleggia di residui non biodegradabili: corde nautiche, contenitori di plastica, assorbenti, borse, pezzi di polistirolo, forchette e piatti in PVC e ovviamente, bottiglie di PET. La conseguenza maggiore è un danno all’ambiente e alla fauna. Il WWF dichiara che il 18% dei tonni e pesci spada nel sud del Mediterraneo presenta rifiuti di plastica nello stomaco. C’è chi sta peggio. Se un pesce spada sopravvive ad ingurgitare un pezzo di PVC la plastica è letale per tartarughe, pesci di piccole dimensioni o uccelli marini. In rete sono state diffuse immagini di gabbiani soffocati dopo aver ingoiato i resti di palloncini colorati liberati in cielo (a conclusione di una festa) e finiti sulle spiagge o in mare.
Il Mediterraneo finirà ad avere un’isola di rifiuti come le cinque già presenti negli oceani? Considerando che il Mare Nostrum è considerato la sesta grande zona di accumulo di rifiuti di plastica al mondo possiamo confermare che “la zuppa di plastica” è presente e sempre più allarmante.
Negli oceani le aggregazioni di detriti inquinanti, raggruppate dalle correnti marine, hanno formato delle vere e proprie isole (Le Pacific Trash Vortex, la grande chiazza di immondizia del Pacifico) dove i detriti si sono trasformati in luoghi che accolgono strati di colonie microbiche, con alti tassi inquinanti, che possono entrare nella catena alimentare attraverso l’ingestione della fauna acquatica.
Ad arrivare in soccorso è un’associazione olandese, la Ocean Cleanup che ha studiato e messo in azione, per ora solo a S. Francisco, un sistema di pulizia per gli oceani. La struttura tubolare lunga 600 metri, a forma di U, è costituita da una barriera galleggiante che trattiene i rifiuti. È stata progettata per essere trasportata dal vento e dalle onde ricercando, nel tragitto, gli inquinanti presenti nelle acque marine. Muovendosi più velocemente dei detriti riesce a spingere i rifiuti al centro della barriera galleggiante. Per ora è trainata da un rimorchiatore (che funge anche da raccoglitore di rifiuti) ma inizierà a raccogliere le plastiche, a riciclarle e ad utilizzarne i proventi per le future piattaforme autofinanziandosi.
L’ obiettivo è quello di ridurre drasticamente l’inquinamento marino nei prossimi anni, cercando di aumentare la flotta fino ad arrivare a 60 sistemi per riuscire a dimezzare l’isola di plastica dell’Oceano Pacifico. Una svolta importante per questo prototipo che potrebbe essere fondamentale per combattere l’inquinamento a favore sia della nostra generazione sia di quelle future.