Alfano prenota l’eredità del centrodestra su basi nuove. Casini e Mauro sperano ancora nel miracolo di fondare un “grande centro”, già fallito tre volte
Tre manifestazioni sabato scorso a Roma, tutte in contemporanea: al Tempio Adriano quella del Nuovo centrodestra (Ncd) di Alfano, al Palazzo dei Congressi quella di Berlusconi con i giovani, al Teatro Quirino quella dell’Udc e dei popolari di Casini e Mauro. Tre manifestazioni che seguono rotture recenti.
Cominciamo da quella del Ncd di Alfano, fresco di scissione dal Pdl, forte di 30 senatori, che mettono al riparo il governo Letta da ogni insidia, di 29 deputati, 7 europarlamentari e 88 consiglieri regionali. Il 7 dicembre ci sarà il battesimo del nuovo partito con il nome, il simbolo e il programma, ma già da ora i messaggi sono netti. Il primo, a Berlusconi: “Lo diciamo con grande chiarezza: qui c’è gente che Le vuole bene e che resta nel centrodestra”. E allora, perché la scissione? E’ il secondo messaggio: “Restiamo nel centrodestra ma ci eravamo stancati di un movimento che finiva nelle mani di radicali e estremisti e per il quale il territorio era un problema”. Il terzo: “Tutti i poteri saranno nei territori, democraticamente dal basso, composto da chi ha voglia e passione di fare cose, con persone che gireranno sagre e mercati (…) Largo al merito, il nostro sarà un movimento di chi ha i voti, di chi ha le preferenze, stiamo costruendo una grande nave ma non c’è un armatore. Insieme ci daremo la rotta verso il futuro per il bene dell’Italia”. Scopo dichiarato di Alfano è il rinnovamento del centrodestra. Berlusconi resta il padre, ma il futuro non è il centrodestra finora conosciuto. La chiosa la fa Cicchetto: “E’ saltato il tappo, è nato un’altra offerta politica”.
Il cammino di Alfano non sarà facile, anche perché i sondaggi lo danno tra il 3 e il 9% e soprattutto perché i voti ce li ha ancora lui, il “padre”, l’ex premier, che con la rinata Forza Italia veleggia sul 18-20%, stando alle ultime rilevazioni. Ma è proprio questo il punto: Alfano se vuole crescere e “portare di nuovo il centrodestra alla vittoria” deve parlare all’elettorato di Berlusconi, insomma, deve invertire i numeri poc’anzi citati e attribuiti. Il che non sarà una impresa difficile, però a due precise condizioni. La prima è che il governo Letta lasci un segno positivo, riesca cioè a invertire il corso negativo dell’economia, degli sprechi, dei disservizi, dei privilegi, e a ridare la speranza agli italiani con le riforme, a partire da quella costituzionale, da approvare entro la fine del 2014 secondo i tempi tecnici ma anche quella del mercato del lavoro, passando per quella della Giustizia. Se così sarà – e Alfano ha detto che ora che Berlusconi non potrà condizionare il governo non c’è più alibi per non farla – se il bilancio sarà positivo, sfilare l’elettorato moderato di centrodestra a Berlusconi non sarà un grande problema. La seconda condizione è che Berlusconi non guidi più Forza Italia, ma si ritiri dalla politica: o per l’età o perché impedito dalla condanna subita e da altre eventuali che verranno o perché semplicemente decida di passare la mano. Ormai Berlusconi si avvia ad essere non più un problema politico ma un problema umano.
La manifestazione di Berlusconi all’Eur con i giovani è stata incentrata tutta sulla sua decadenza da senatore. Ritenendosi ingiustamente condannato, l’ex premier ha dichiarato che non chiederà la grazia in quanto non ha commesso nessun reato, semmai dovrebbe essere Napolitano a concedergliela “motu proprio” sia perché la legge gliene dà il potere, sia per “porre rimedio ad un’ingiustizia”. Berlusconi, comunque, potrà organizzare una manifestazione di suoi sostenitori nel giorno della votazione sulla sua decadenza, i senatori di Forza Italia, Ncd, Lega e Fratelli d’Italia voteranno contro la decadenza, ma non la potrà impedire, per cui da mercoledì sera 27 – sempre che la data fissata non venga rinviata all’ultimo istante, cosa molto difficile – non farà più parte del Senato. Potrà evidentemente continuare a fare politica, ad organizzare Forza Italia tra la gente e, stando all’opposizione, a fare concorrenza a Grillo, ma l’orizzonte si restringe. Senza una guida “agibile” la rinata Forza Italia potrebbe restare al palo, anche perché – e non è un mistero per nessuno – i voti non ce li ha Fitto o Santanché, ce li ha Berlusconi. E qui vale il discorso fatto poc’anzi a proposito delle chance di Alfano di diventare il leader di un centrodestra rinnovato. Insomma, mentre ora è Berlusconi, seppure azzoppato dalla condanna, che ha i voti, dopo, se l’azzoppamento continua, sarà Alfano, uomo pulito, leale e con il “quid” recuperato ad ereditare l’elettorato di Berlusconi.
In base a quanto detto, le chance per Casini e Mauro – e siamo alla terza manifestazione – di guidare un “grande centro” all’insegna dei “Popolari per l’Italia” non sembrano essere molte. Non tanto perché i sondaggi danno l’Udc all’1,6%, Scelta civica di Monti al 2,7 (che comunque non farebbe mai alleanza con Casini e Mauro, dati i trascorsi), i Popolari di Mauro ancora inesistenti, quanto perché ormai è chiaro, dopo i tre tentativi falliti negli ultimi anni: non c’è spazio per un grande centro, anche perché Casini e Mauro non hanno seguito, sono dei leader mediocri. Nel 2008 l’Udc di Casini con il partito della Nazione non ebbe nessun rappresentante al Senato; il trio Casini-Fini-Rutelli in due turni amministrativi subì una débâcle; alle politiche del 2013 Monti-Casini è finita come è finita. Tre prove, tre fallimenti, un futuro dietro le spalle.