Situazione di pareggio sugli orari d’apertura. Verso il rifiuto dell’abolizione della leva obbligatoria
Dal primo sondaggio dell’istituto gfs.bern per le votazioni federali del 22 settembre emerge incertezza sul referendum lanciato dall’Unione sindacale svizzera contro la modifica della legge del lavoro. Nell’altro oggetto in votazione i risultati non lasciano scampo all’iniziativa popolare “Sì all’abolizione del servizio militare obbligatorio” lanciata dal Gruppo per una Svizzera senza esercito (GSsE).
L’elettorato è spaccato sull’autorizzazione se impiegare personale la domenica e la notte nelle stazioni di servizio lungo le autostrade e le principali arterie stradali. La modifica della legge sul lavoro, adottata dal Parlamento lo scorso dicembre, riguarderebbe solo 24 stazioni di servizio aperte tutto l’anno ininterrottamente giorno e notte. La legge permetterebbe di aprire tra l’una e le cinque del mattino anche l’area dei negozi delle stazioni servizio. Se si fosse votato a metà agosto, avrebbero vinto i contrari alla modifica. Il 47% dell’elettorato non vuole la liberalizzazione, contro il 46% di favorevoli, mentre gli indecisi sono il 7%. Su questi ultimi la campagna avrà un ruolo decisivo. Entrambi le parti hanno “buoni argomenti” diretti all’elettorato. I contrari temono che la modifica costituisca il primo passo verso il divieto totale del lavoro notturno e domenicale. Inoltre lavorare in queste fasce orarie nuoce alla salute. Per i favorevoli si tratta di rispondere a un bisogno dei viaggiatori che transitano sulle strade principali ed è un controsenso che il personale già presente sul posto non possa vendere tutti i prodotti. È difficile azzardare un pronostico sulla liberalizzazione degli orari di apertura nelle stazioni di servizio. Al momento della decisione dipenderà se i votanti voteranno come salariati o lavoratori oppure come consumatori.
A quattro settimane dal voto non sembrano esserci dubbi sull’esito della votazione per abolire la leva obbligatoria. Il ministro della difesa, Ueli Maurer, si avvia a vincere la sua battaglia per il mantenimento del servizio militare. Il sondaggio dice che il popolo continua a considerare l’esercito di milizia un pilastro importante della nazione. Il vantaggio dei no è ampio e si attesta al 57% contro il 35% dei favorevoli, gli indecisi sono l’8%. In questa votazione emerge la classica contrapposizione tra la sinistra e la destra in tema di esercito.
I promotori del Gruppo per una Svizzera senza esercito (GSsE) argomentano che non si tratta di abolire l’esercito, bensì “di abolire un inutile obbligo militare”. Con questo passo si vuole seguire l’esempio di nazioni come la Germania, la Francia o l’Italia che hanno abolito la leva obbligatoria e istituito un esercito professionale. Inoltre i tempi non richiedono più un esercito tradizionale, che la Svizzera oltretutto non si può permettere finanziariamente. I contrari argomentano che l’iniziativa per un “esercito volontario” sia un’illusione. Un sì all’iniziativa significherebbe mettere a repentaglio la sicurezza del Paese e della popolazione, poiché c’è il rischio di non trovare abbastanza volontari a prestare servizio militare. Secondo il sondaggio un sì all’iniziativa prevale tra la fascia d’età tra i 18 e i 39 anni. Il 52% sarebbe a favore dell’iniziativa e di un esercito professionale.