Al World Economic Forum (WEF) le discussioni si sono concentrate sul potenziale e sui limiti della quarta rivoluzione industriale
Il WEF è giunto al suo 46° incontro annuale a Davos ed è rimasto fedele alla sua idea di piattaforma che pensi e discuta i problemi globali. Il tema di questa edizione è stato la cosiddetta “industria 4.0”. Le riflessioni dei diversi delegati (economia, politica, società civile, cultura e religione) hanno toccato il potenziale, i limiti e l’impatto sulle società della rivoluzione digitale. Una rivoluzione iniziata già con la rete di Internet e con i social media e ora all’inizio della robotizzazione che automatizzerà e collegherà in rete i processi produttivi, integrando i clienti nelle attività commerciali. Il fondatore del WEF, Klaus Schwab, nel suo discorso inaugurale ha esortato i partecipanti a prepararsi “alla quarta rivoluzione industriale che è alle porte e ci travolgerà cambiando le nostre vite e l’intero sistema”.
L’industria 4.0 collegherà in rete il mondo virtuale e fisico. La produzione sarà digitalizzata con macchine “intelligenti” che collegheranno tra di loro i prodotti e le macchine tramite processori e sensori. Con Internet si collegheranno gli oggetti quotidiani: automobili autonome, lavatrici intelligenti che fanno passare il computer in secondo piano. La crescita dei collegamenti in rete causerà enormi quantità di dati, che tramite un’analisi, dovrebbero realizzare migliori prodotti e servizi. I discorsi su questi profondi cambiamenti nella produzione di merce e dei servizi hanno toccato una questione importante: Quali sono i rischi e i conflitti non ancora risolti che la rivoluzione comporta, come l’aumento della disoccupazione, con i robot che potrebbero essere un pericolo per il futuro degli impieghi? Sarà un mondo senza lavoro e le persone saranno sostituite dai robot intelligenti?
Per alcuni esperti uno scenario inquietante, anche se il processo delle macchine è solo all’inizio. Questo pericolo esiste senz’altro e molti studi prevedono la scomparsa di molti posti di lavori poco qualificati. Uno studio del WEF prevede entro il 2020 la scomparsa di cinque milioni di posti nei settori dell’amministrazione e del management, ma anche nella contabilità e sanità. A Davos ne hanno discusso economisti e rappresentanti dell’economia. “Una via sarebbe un salario di base incondizionato”, secondo Christopher Pissarides, professore di economia e Nobel, “un mezzo per affrontare il problema”. Le persone dovrebbero comunque essere motivate a lavorare nel nuovo mondo del lavoro e “anche lo stato ha un ruolo importante, perché serve una nuova politica che ridistribuisca i guadagni”. L’industria 4.0 creerà comunque nuovi posti di lavoro (programmazione dei robot o analisi dei dati) e la soluzione è investire su una migliore formazione, per preparare le persone ai nuovi lavori. Se lo scenario sarà veramente questo, a Davos però nessuno ha dato risposte concrete. Di sicuro il processo non sarà evitabile e tutti dovranno seguirne l’evoluzione, essendo consapevoli dei pericoli: macchine che possiedono la stessa capacità cognitiva degli umani è una realtà difficile da immaginare, ma per altri lo scenario di robot che svolgono attività educative, di cura e di servizi potrebbe agevolare la vita quotidiana.
Le potenzialità della nuova tecnologica sono anche una possibilità per colmare il divario tra i paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo. Sheryl Sandberg, la direttrice operativa di Facebook, auspica che i paesi poveri “non devono essere i perdenti della rivoluzione digitale, che dovrebbe aprire loro nuove possibilità nell’economia e per le donne”. Oltre quattro miliardi di persone nel mondo non sono collegati tra di loro, ma il problema non è la tecnica, ma la mancanza di fondi finanziari. E potrebbero questi immensi divari finanziari i rischi che il divario si possa ampliare. Per quanto riguarda le donne, solo 17 paesi sono governati da donne e “così restano molti talenti femminili nascosti”.