Il motto a Davos è stato unire le forze per far fronte alle sfide del mondo: meno economia, più solidarietà
È stata intitolata “Il rimodellamento del mondo: conseguenze per la società, la politica e l’economia” la 44a edizione del Forum economico mondiale (WEF) di Davos, che si è svolta tra il 22 e il 25 gennaio 2014. Il WEF è una vetrina sfruttata dai leader mondiali per lanciare le loro politiche. Tra i temi fondamentali affrontati: le crisi e i conflitti politici che minacciano la ripresa economica e la preoccupante situazione della disoccupazione. Quest’anno al WEF si è parlato sì di economia, ma anche la politica ha avuto, paradossalmente, molto peso, con il dossier sulla Siria, la crisi in Ucraina o le decennali tensioni tra Israele e Iran. A Davos sono intervenuti i rispettivi presidenti, Peres e Rohani. Chi si aspettava un incontro le due potenze orientali, è rimasto deluso. Nei loro interventi i presidenti hanno ribadito l’abisso che separa i due paesi, senza farli avvicinare.
I temi politici affrontati al forum hanno posto l’accento sulla minaccia che i fatti internazionali recano all’economia. Ma le cifre che riguardano la crescita economica globale sono stimolanti. Secondo la Banca mondiale la crescita economica passerà dal 2.4% dello scorso anno al 3.2% nel 2014, mentre il Fondo monetario internazionale (FMI) pronostica una crescita del 3.7% nell’anno in corso e del 3.9% nel 2015. Per la Svizzera il rilancio della crescita, dal 1.9% del 2013 al 2.3% del 2014, si avrà grazie a una leggera progressione delle esportazioni. I dati positivi non hanno comunque abbagliato i partecipanti ai dibattiti, che hanno espresso perplessità per la mancanza di adeguate riforme, che rischia di stroncare una ripresa economica sul nascere. Il premio Nobel per l’economia Joseph E. Stiglitz ha definito, nel suo articolo per il WEF, la situazione economica un “grande malessere”, che sfavorisce i cittadini comuni, costretti a manifestare il loro malcontento con manifestazioni di protesta, che scatenano disordini sociali. Pessimismo sottolineato anche dal fondatore del WEF Klaus Schwab che scrive come le riforme vengano “bloccate da potenti interessi costituiti”. Per quanto riguarda l’Europa ci sono stati avvertimenti sul rischio di una deflazione (Christine Lagarde, direttrice del FMI) e sul fatto che il vecchio continente non ha superato le conseguenze della crisi finanziaria, ma in confronto ad altri anni si è respirata aria di ottimismo. Esperti della finanza e banchieri si aspettano una ripresa della congiuntura nel 2014.
Altro tema di forte preoccupazione è stato la disoccupazione. Nel 2012 le persone senza lavoro erano 202 milioni, cinque milioni in più rispetto al 2011, con una tendenza che salirà a 215 milioni nel 2015, sono i dati rivelati dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL). Inquietante è la quota della disoccupazione giovanile, che con circa 74.5 milioni in età compresa tra i 15 e 24 anni, è il 13% a livello mondiale. La percentuale varia con spaventose differenze da un paese all’altro: in Spagna sono il 57% contro il 6% della Svizzera. “È uno spreco di talento quando una generazione non raggiunge il suo potenziale”, ha scritto sul sito del WEF il direttore generale OIL Ghi Ryder. Sul futuro economico, tale realtà “avrà un impatto negativo e in alcuni paesi può condurre a disordini sociali”. L’alto tasso di disoccupazione è un pericolo per l’intera generazione, che rischia di restare senza lavoro, perché secondo Ryder “c’è una discrepanza tra le competenze prodotte dai sistemi di formazione e le esigenze dell’economia”.
“La disoccupazione giovanile è un cancro e le conseguenze umane e sociali sono drammatiche”. Anche il presidente della Confederazione, Didier Burkhalter, giunto direttamente da Montreux, dove era in atto la conferenza di pace sulla Siria, nel suo discorso d’apertura ha ricordato il problema. Il discorso si è incentrato soprattutto sui conflitti internazionali, dove Burkhalter ha ribadito la disponibilità della Svizzera a contribuire alla ricerca di soluzioni ai problemi mondiali. A Davos alla Svizzera è riuscito, grazie alla politica della mediazione, di riposizionarsi al centro delle grandi questioni internazionali come dimostrano la conferenza di pace sulla Siria e la presidenza dell’OSCE nel 2014. Della delegazione al forum hanno fatto parte anche altri tre membri del governo elvetico: Johann Schneider-Ammann, Eveline-Widmer Schlumpf e Doris Leuthard. Al forum del WEF hanno partecipato 2’500 rappresentanti, dei quali 40 presidenti di stato e di governo, della politica, dell’economia, della finanza, della società civile, della religione, della cultura e della scienza, per discutere su problemi d’attualità internazionale e proponendo soluzioni.