Preceduta da un’informativa del Dipartimento di Stato americano alle Cancellerie dei Paesi che hanno rapporti di alleanza e di amicizia con gli Usa – in base alla quale potranno crearsi “tensioni con gli alleati” – l’annunciata pubblicazione dei giudizi e dei rapporti riservati o segreti che dalle varie ambasciate nel mondo sono arrivate a Washington su fatti e personaggi politici pone tre grossi e seri problemi.
Le rivelazioni possono costituire una bomba per alcuni Paesi o un palloncino per altri, secondo la definizione di Edward Luttwak, consulente del National Security Council e del Dipartimento di Stato, ma una cosa è certa: ad uscirne con le ossa rotte saranno gli Stati Uniti e il suo Presidente Obama, che già ha perso buona parte del consenso elettorale. Obama avrà tutto da perdere dalle “tensioni” che possono venire dagli alleati, non dall’Europa, ma da quei Paesi dove la crisi è pesante come il Medio Oriente e l’Est asiatico. Una premessa è d’obbligo. Da sempre ogni ambasciata manda al Dipartimento Esteri del proprio Paese dei rapporti su fatti e personaggi per offrire agli esperti materiale per la formulazione di un giudizio. Dunque, nessuno si può scandalizzare se nei rapporti delle ambasciate Usa all’estero ci sono note di colore, gossip, aneddoti: tutto può concorrere al giudizio che guiderà chi deve prendere decisioni quando, appunto, si tratta di fare delle scelte o assumere delle posizioni su temi e interessi economici e di politica estera. Lo fanno tutti e nessuno perciò avrà nulla da ridire.
Però, ed è questo il secondo problema, quando si tratta di notizie segrete che, se divulgate, possono avere conseguenze pericolose, come la rivelazione di nomi di “attivisti per i diritti umani, giornalisti, soldati e di operazioni internazionali”, allora le cose diventano delicate. Da una parte, è l’Amministrazione degli Usa che perde la faccia di fronte al mondo in quanto gli archivi dello Stato possono essere facilmente violati, dall’altra, sono gli stessi alleati o amici, come appunto i Paesi arabi, che non si fideranno più della diplomazia americana. Qualunque cosa succederà, per la diplomazia americana, per la diplomazia di tutti i Paesi, sarà un colpo molto duro. Il Dipartimento di Stato americano ha mandato una lettera a Julian Assange, l’inventore di Wikileaks, ammonendolo a non pubblicare documenti riservati in quanto sono in gioco le vite di molte persone. Assange, dal canto suo, ha chiesto i nomi al Dipartimento di Stato, che ha rifiutato, in quanto tutti i documenti in possesso di Wikileaks sono il frutto di un’azione di spionaggio, di conseguenza i suoi autori per la legge americana hanno commesso un crimine e non è possibile trattare con i “ricattatori”. Come si vede, questo terzo problema è estremamente complesso perché chiama in causa altri aspetti dalle conseguenze imprevedibili.
E le rivelazioni sull’Italia? Per ora non c’è nulla che non si sapesse. Quello che è stato pubblicato riguarda i rapporti tra Putin e Berlusconi, quest’ultimo definito “portavoce di Putin”, ma paradossalmente potrebbe tornare a vantaggio di Berlusconi stesso, perché mette a nudo i timori americani che non volevano rafforzare la Russia. Infatti, dietro i rapporti di amicizia tra Berlusconi e Putin da una parte c’è un’idea forte di avvicinare la Russia all’Occidente per formare una grande Europa economica e politica e, dall’altra, c’è l’obiettivo del premier di fare gli interessi nazionali italiani in materia di approvvigionamento energetico.
È il filo che lega il Vertice Nato-Russia di Pratica di Mare (2002) con il Vertice Nato di Lisbona con la Russia (novembre 2010). In mezzo c’è stata la firma di Start 2 e in prospettiva l’adesione della Russia allo scudo anti missile in Europa.